Una delle duecento, in Piemonte*, guida alpina

6 luglio 2016

C’è qualcosa di meravigliosamente anacronistico nel legare un lui o una lei con una corda e portarli sulla cima. Innanzi tutto c’è la corda, che in montagna vuol dire sicurezza e fiducia, ma è pur sempre una fune, un nodo, un vincolo, e in nessun’altra relazione umana ci si lega per sentirsi liberi. Poi c’è la cima, che può anche diventare un canyon, una parete, una traversata con gli sci, comunque sempre un posto in cui mettersi alla prova, con la guida in testa alla cordata e il cliente nelle sue mani.
Se un alpinista sceglie il mestiere della guida alpina, allora la sua cima diventa il piacere del cliente. Se quello non sorride, o non capisce quanto è bello, o vuole tornare indietro perché ha mal di pancia, è stata una gita senza cima. Se il cliente vede gli angeli è cima anche in rifugio. Non si fa questo mestiere per diventare ricchi o famosi; l’unica ricchezza possibile è la soddisfazione del cliente. Ma dire cliente non rende l’idea. Chi si addormenta sotto i ferri del chirurgo è chiamato paziente, che è più di cliente, per il compagno della guida bisognerebbe trovare una definizione adeguata. Compagno forse è la parola giusta, perché è dal tempo della Rivoluzione francese che la guida accompagna. La guida alpina, cittadina o valligiana che sia, è il moderno mediatore tra il mondo protetto della pianura e quell’altro mondo, di cui aumenta ogni giorno il bisogno, dove ogni scelta ha un peso.
Guida e cliente mostrano una differenza gerarchica: uno sa di montagna, l’altro sa di cose che in montagna non contano niente. Può essere anche un professorone ma sopra i tremila non è nessuno. È la speciale democrazia dell’alta quota: tutti uguali, tutti fragili. Conta l’esperienza. E così la guida si distingue a occhio dalla piccozza più leggera, lo zaino più compatto, l’abbigliamento tecnico, l’abbronzatura giusta. E gli occhiali scuri, sul naso sempre. Il cliente è spesso troppo loquace o troppo silenzioso, disordinato nel vestire e nel fare, inadeguato nei passi e nei pensieri. L’alta montagna è un posto come un altro, anche se tra i meno adatti all’uomo. E siccome ci si adatta a tutto, è l’adattamento a fare la differenza.

* Ente pubblico di autodisciplina e autogoverno della professione di guida alpina e di aspirante guida alpina, il Collegio piemontese rappresenta circa 200 professionisti distribuiti su tutto il territorio, cui dal primo di luglio si aggiungeranno gli Accompagnatori regionali di Media Montagna.

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