Ripensare un ricovero bestiame nelle Alpi svizzere

31 dicembre 2011

Luogo: Eison (1850 m), Val d’Herens, CH
Progetto: Personeni Raffaele Schärer Architectes
Committente: Privato
Cronologia: 2007-08

Fedele all’idea di valorizzare l’architettura contemporanea del settore occidentale dell’arco alpino, con la recensione di questo mese questa rubrica apre a progetti e realizzazioni al di là del confine italiano, in particolare in territorio svizzero e francese. Questa “apertura” da un lato mira a far conoscere quanto di interessante avvenga oltre confine, dall’altro intende porre le basi per future sinergie anche in ambito architettonico tra i territori a cavallo dei rilievi alpini occidentali, alla ricerca di comuni temi di ricerca ed innovazione progettuali.
Il progetto di questo mese riguarda il recupero e la conversione in residenza di un piccolo ricovero-bestiame situato a 1850 metri su un ripido versante erboso della Val d’Herens, nelle Alpi svizzere alle spalle della Valle d’Aosta.
L’intervento – la trasformazione di un vecchio edificio agricolo in casa vacanze – rappresenta forse una delle operazioni edilizie più diffuse e a volte deleterie nell’abito delle trasformazioni recenti degli insediamenti alpini, ma gli autori, attraverso poche ma chiare mosse, interpretano il tema progettuale in modo al contempo romantico e contemporaneo.
Romantico perché vi è una cura quasi maniacale nella non alterazione esterna della preesistenza. L’edificio esistente si presentava infatti come un piccolo rudere in blockbau con copertura a due falde appoggiato ad un basamento di pietra che ne regolava il rapporto con il pendio. L’intervento si è basato sulla quasi totale conservazione della struttura esistente e l’inserimento al suo interno di un nuovo volume in calcestruzzo e legno: solo due ampie aperture vetrate – una sulla testata dell’edificio in corrispondenza del portone di legno del basamento in pietra, l’altra sul fianco del volume ligneo – ne intaccano la geometria semplice e chiusa. Il trattamento degli spazi esterni non fa che accentuare il carattere monolitico dell’edificio: non vi sono recinzioni o sistemazioni esterne che facciano presupporre il cambio di destinazione d’uso. Ancora oggi il ricovero si presenta solitario e selvaggio sul versante erboso della montagna, privo di una propria strada veicolare di collegamento.
Ben altra cosa avviene invece all’interno, dove un unico ambiente contemporaneo organizzato su due livelli accoglie il visitatore. Non vi è spazio per il pittoresco o per il finto-rustico: rivestimenti in legno chiaro e pavimenti in calcestruzzo levigato definiscono un ambiente semplice e asciutto. Al piano superiore, trattato come una balconata, trova posto la zona notte mentre al piano inferiore, parzialmente incassato nel terreno, si trovano il bagno, un angolo cottura e un’ampia zona giorno caratterizzata da una parete quasi interamente vetrata verso valle.
Si tratta di un intervento che traccia una possibile via nel recupero degli edifici alpini, una via che non insegue a tutti i costi la mediazione forzata tra vecchi e nuovi stili di vita – come le diffuse finte baite con autorimesse in stile rustico –, ma piuttosto ne accetta la compresenza, anche quando a primo acchito appare stridente.
Mattia Giusiano e Roberto Dini

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