Profughi africani: risorsa per le Alpi?

6 settembre 2014

Il Cadore è un territorio che per anni si è battuto nel farsi riconoscere dalla Regione Veneto come “svantaggiato”, che ha vissuto lo spopolamento tipico delle aree alpine, che ha la fama di “luogo chiuso”. Un territorio che ai confini vede i turisti di massa solo andare e venire in ceri periodi. Ora invece questo territorio ritrova la dignità e la capacità di accogliere viaggiatori “speciali”. Ce n’è per tutti i gusti: pescatori di trote da tutt’Europa, veri amanti della montagna provenienti da ogni angolo del mondo, tedescofoni ciclisti. Ma non solo. Bello e sorprendente è che tra i viaggiatori che approdano nel Cadore non ci sono solo i turisti delle grandi città: c’è anche una decina di profughi africani gestiti dalla cooperativa Cadore, da qualche anno impegnata a livello locale nello sviluppo di forme di ospitalità ecosostenibili. Quattro dei ragazzi, provenienti da Senegal, Camerum, Guinea Bissau e Repubblica del Mali, sono accolti dal Comune di Perarolo, nel palazzo un tempo dimora estiva della Regina Margherita mentre altri sei, tutti maliani, risiedono in una piccola borgata di Valle di Cadore, in casa di Fabio, falegname-artigiano, che nulla ha da invidiare alla residenza regale degli altri.

Considerato che la Cooperativa Cadore è parte del circuito Le Mat, e che quindi ne condivide fondamentalmente le linee, di sorprendente non vi è nulla. Includere, condividere e restituire valore alla comunità, divengono principi cardini di questo genere di accoglienza, sia che si tratti del turista europeo in vacanza, sia che si tratti di profughi africani. Con lo stesso spirito la Cooperativa Cadore intende infatti rendere costruttivo e proficuo il soggiorno dei suoi “viaggiatori”. Anche i profughi quindi vengono considerati come possibilità e risorsa, certamente non da sfruttare a breve termine per via degli aiuti governativi, ma da integrare nella comunità e partecipare attivamente al benessere collettivo. Dunque, nel caso specifico, pur consapevole dei traumi e delle difficoltà sperimentate da questi giovani, la Cooperativa ha scelto di impiegarli come volontari nelle opere di manutenzione del verde dei rispettivi Comuni. Questa piccola ma importante attività, svolta part-time e su base volontaria, ha il beneficio di render loro più visibili e permettere agli abitanti di ritrovare quei valori condivisi che aprono le porte a un vero dialogo, favorire una reciproca conoscenza. Chissà, loro domani se ne andranno ma certo qualcuno resterà o vorrebbe restare. Lo dimostra il fatto che i loro piccoli risparmi siano affidati a una banca locale, le loro aspettative sono alle persone del luogo. Realtà prima africana e ora alpina. Precaria, modesta ma anche coraggiosa, la loro condizione porta con sé tutti gli attributi e le dimensioni adatti e necessari per dar vita a un luogo. Starà all’intelligenza degli amministratori locali non farsi sfuggire anche queste risorse.
Monica Argenta

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