Montagna scuola di futuro

28 gennaio 2024

La montagna non è soltanto un ambiente definibile attraverso parametri scientifici e oggettivi, ma è anche un universo di emozioni che è possibile attivare ed esplorare a scuola mediante una didattica geografica soggettiva e laboratoriale. Nell’educazione geografica trattare il tema della montagna può essere il primo passo per “educare al paesaggio” e “attraverso il paesaggio”, la cui importanza è tale non solo nei confronti della salvaguardia paesaggistica, ma anche per l’attivazione di percorsi di cittadinanza attiva e crescita individuale. L’interesse si sposta quindi dalla geografia descrittiva alla comprensione delle relazioni e delle trasformazioni. Tali flussi riguardano lo sviluppo di un linguaggio, nel quale le metafore e le rappresentazioni visuali sono fondamentali.

Partendo dalla consapevolezza della natura polisemica del paesaggio e della varietà dei possibili approcci, la Convenzione Europea del Paesaggio – CEP (2000) suggerisce alcune definizioni, attribuendo ad ogni paesaggio un valore di riferimento identitario per la popolazione che ad esso si rapporta, designandone quindi una natura processuale e relazionale. Uno degli aspetti di maggiore complessità del concetto di paesaggio è quello che Farinelli ha chiamato “l’arguzia del paesaggio”, ovvero il suo tradursi intenzionalmente nella cosa e allo stesso tempo nella sua immagine. Con il termine paesaggio, dunque, si può fare riferimento sia alla dimensione materiale del paesaggio sia alla sua dimensione di immagine mentale, frutto dell’incontro fra quegli stessi elementi e il soggetto che li percepisce e li interpreta secondo le proprie idee, i propri valori e la propria sensibilità. L’evoluzione dell’idea di paesaggio viene interpretata alla luce dei cambiamenti economici e culturali che investono le società. Le rappresentazioni sociali dei paesaggi contemporanei, pur derivando parte del loro significato dalla percezione individuale di ognuno, si configurano come costruzioni collettive il cui senso deriva in larga misura dal contesto socio-culturale che ogni individuo condivide con gli altri membri della società a cui appartiene.

Negli ultimi decenni, la svolta post-strutturalista ha permesso di porre particolare attenzione alla pluralità dei punti di vista e di utilizzare il potere descrittivo ed evocativo delle immagini per stimolare canali cognitivi paralleli nella raccolta e analisi delle informazioni. A tale proposito a scuola ci si può avvalere della tecnica della mappa mentale, che permette di far emergere come determinati luoghi siano percepiti, immaginati, ricordati e conseguentemente disegnati dagli alunni. Le espressioni grafiche libere e non convenzionali prodotte dagli studenti costituiscono un utile supporto alla co-costruzione del sapere e all’indagine sui processi più profondi di attribuzione di significati ai luoghi. Fermo restando che sarebbe auspicabile far fare agli studenti un’esperienza diretta dell’ambiente montano, è possibile nell’ottica di una disciplina geografica non meramente nozionistica, bensì emozionale, far ascoltare in classe i suoni e i rumori della montagna, e successivamente far disegnare loro il paesaggio da loro immaginato e suggerito da quell’ambiente sonoro.

Un altro strumento didattico che fa della geografia una disciplina “visuale” è la rappresentazione visiva, usata per analizzare e descrivere il rapporto tra soggetti e territorio. Attraverso foto stimolo è possibile osservare lo spazio geografico montano, fornendo alla classe la possibilità di coltivare l’incerto e l’ipotetico e arrivare a leggere e a comprendere relazioni semplici, capaci di ridurre la complessità della realtà a categorie d’analisi assolutamente geografiche.

Altri approcci didattici proponibili dall’insegnante sono infine costituiti dall’osservazione e dall’interpretazione di documenti, che prevedono l’analisi di tipi anche molto diversi di materiali, sia scritti, come i racconti, sia in forma di immagini. Nello specifico, si può operare un raffronto diacronico con le immagini che nel passato venivano diffuse per rappresentare il landscape montano, attraverso una delle “viste” più tipiche ovvero le cartoline. Queste ultime possono essere particolarmente utili per comprendere valori e significati attribuiti ai luoghi in anni passati. Attraverso lo strumento della rappresentazione in cartolina è quindi possibile far emergere l’evoluzione che hanno subito i luoghi e le relative differenziazioni a seconda dei periodi storici.

Questo utilizzo congiunto di più metodologie punta sull’apporto del visuale e di conseguenza sullo strumento concettuale del paesaggio, in grado di passare dal piano del visibile al piano del pensiero, delle emozioni, dell’immaginazione e della memoria.

Sara Doronzo

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