Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità

2 novembre 2011

Scaramellini G., Dal Borgo A. G. (a cura di), Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità, Innsbruck University Press, Innsbruck, 2011. 282 pp., immagini e cartografia a colori, italiano-inglese-tedesco, 19.90

Tra rischi e opportunità le Alpi contemporanee cambiano alla luce della differenziazione geografica, culturale, economica e ambientale. Nella complessità intrinseca ai fragili sistemi umanizzati alpini, questi aspetti non agiscono mai in modo isolato, ma in relazione a strette interdipendenze: così ad esempio l’impatto del turismo invernale, da problema ambientale diventa problema economico nel momento in cui il riscaldamento climatico rende sempre più difficile la compatibilità tra le risorse e questo tipo di attività.
Sulla complessità occorre riflettere adeguatamente, cosa che il testo conduce all’interno delle quattro sessioni dedicate ai cambiamenti climatici (Oeggl, Psenner, Zemp, Caccianiga, Morandini), all’uso delle risorse tradizionali e le nuove economie (Pettenella, Straifeneder et al., Salsa), alle varietà culturali (Kramer, Rampl, Frau, Tappeiner et al.) e al governo del territorio alpino (Torricelli, Pascolini, Angelini, Rodela).
La prima sezione dedicata all’ambiente mostra come tali cambiamenti non sempre siano positivi, in relazione alle diverse componenti ecologiche e ambientali e alle relazioni instaurate con le attività umane, presenti sotto forma di insediamenti dalla fine del Neolitico (Oeggl). Ad esempio gli impatti sui corsi d’acqua (Psenner), ai fini energetici e di consumo, sono quantomai importanti per determinare i caratteri di autonomia non solo della montagna, ma anche della pianura, considerando che le attività umane dipendono strettamente dall’uso sostenibile (in quanto riproducibile) di questa risorsa. Analoghe riflessioni per il tema quantomai attuale del ritiro dei ghiacciai (Zemp) determinato dal riscaldamento climatico, così come per il fenomeno della laurifillizzazione vegetativa (Caccianiga), determinata da un avvicinamento del clima alpino a climi più temperati, con conseguente modificazione degli habitat e delle specie viventi. In base a queste peculiarità, l’ambiente alpino può porsi come ambito di sperimentazione di nuove forme di cooperazione, come quelle definite dal piano d’azione per il clima della Convenzione delle Alpi (Morandini).
Se la prima sezione computa il costo delle trasformazioni in termini di servizi ambientali, la seconda sezione considera come accanto a paradossi e malfunzionamenti economici, come quelli generati dalle economie forestali o agricole contemporanee, vi possano essere delle vie di sperimentazione altrettanto innovative, che passano attraverso il consolidamento dei network promozionali dei territori, l’imprenditorialità e l’innovazione per progetti ad esempio legati all’uso delle foreste (Pettenella), oppure attraverso la costruzione di nuove relazioni tra residenza e occupazione per le comunità neo-rurali (Salsa). Per quanto attiene le economie del settore primario invece è consolidato il fatto che gli orientamenti delle politiche da qui al 2020 modificheranno sensibilmente gli scenari di evoluzione del mercato (e del sistema) agro-silvo pastorale, con l’incombente termine del processo di regionalizzazione delle politiche agricole europee e l’imposizione di un’eccessiva liberalizzazione, che avrebbe conseguenze piuttosto rilevanti per i sistemi alpini (Streifeneder).
Le differenziazioni culturali affrontate nella terza sezione evidenziano come, accanto all’intenso palinsesto culturale definito dal panorama delle lingue alpine (Kramer, Rampl) e dalle loro intense specificità regionali (Frau), sia necessario comunicare e diffondere opportunamente la diversità geografica che contraddistingue le Alpi, azione realizzata efficacemente attraverso l’Alpenatlas esito del progetto Diamond-Interreg IIIB, che si è occupato anche, a livello alpino, di una prima armonizzazione e catalogazione di dati a livello transnazionale (Tappeiner et al.).
L’ultima sezione, dedicata al governo del territorio, evidenzia come accanto all’importanza degli strumenti, come l’Osservatorio dello sviluppo territoriale del Canton Ticino (Torricelli), sia importante l’aspetto relazionale delle politiche contemporanee, che passa non solo attraverso la partecipazione diretta della popolazione, come nel caso emblematico del Parco Triglav sloveno (Rodela), ma anche attraverso forme di attuazione di democrazia diretta (Pascolini). Aspetto che si scontra però con le esigenze della pianificazione terrritoriale di area vasta. Come affrontato anche in altri testi, potrebbe essere questo il tema rilevante che si pone come sintesi di tutti gli argomenti: ripensare le Alpi in termini differenti di rappresentanza, per ridistribuire gli interessi e i poteri degli stakeholders e permettere un migliore uso delle risorse locali.
Alberto Di Gioia

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