Il Gran Sasso a un bivio: impianti o ambiente?

5 aprile 2016

Incentivare la fruizione della montagna lungo tutto l’anno e promuovere nuove discipline sportive d’alta quota. Le proposte che l’associazione Gran Sasso anno zero ha presentato nel corso dell’evento “Gransassopoli” del 15 gennaio scorso all’Auditorium del parco a L’Aquila sono centrate sul turismo come leva per rilanciare il territorio a quasi sette anni dal sisma.
L’associazione è già molto attiva nel rivendicare la propria partecipazione ai progetti per la piena ripresa della vita economica del capoluogo abruzzese, anche per le fasce più giovani degli abitanti. Dopo la controversa operazione della ricostruzione, ancora in pieno svolgimento, si iniziano a muovere anche le risorse per consentire a una città che ha un notevole bacino studentesco, anche di alta formazione, di rimettere in moto il tessuto sociale. Il Cipe ha infatti stanziato 35 milioni di euro, vincolati all’investimento di una prima tranche di 15 milioni, finalizzabili a questo scopo.

Gran Sasso anno zero, con il Festival della montagna, da due anni si colloca nel quadro dell’offerta culturale della città, con 30 mila ingressi nella scorsa edizione di ottobre. “Gransassopoli” è quindi stato il momento in cui, grazie anche alla presenza in sala del sindaco Massimo Cialente e del vicepresidente della Regione Abruzzo, Giovanni Lolli, si è cercato di andare a “incassare” il sostegno del governo locale su alcuni progetti concretamente elaborati e presentati dall’associazione.
Snowpark, snowkite, bike park. L’obiettivo dichiarato è cercare di avvicinare il più possibile le aree per l’attività outdoor agli abitati, avendo come modello la Val Gardena. Una soluzione che vuole far crescere l’attraversamento di Campo Imperatore e attirare sponsor per le attività.
L’industria turistica dell’Appennino laziale e abruzzese, continua a risentire della nevosità scarsa e intermittente. Gli impianti restano chiusi per lunghi periodi e la lista di località che già oggi assorbono buona parte del turismo invernale del centro Italia è lunga. Ovindoli-Magnola e Campo Felice, per fare due esempi, registrano annualmente 250 mila e 204 mila ingressi circa. E vanno anche considerati gli impianti laziali e altre località abruzzesi come la vicina Roccaraso. Questo quadro, certamente non felicissimo, va poi inserito nel contesto economico del centro Italia, rendendo davvero difficile immaginare un piccolo Tirolo a due passi da Roma: l’arco alpino è un punto di riferimento per città e regioni tra le più ricche del continente, mentre il nostro centro-sud ancora è impantanato nella crisi, un dato di cui tenere conto quando ragioniamo di interventi ad alto impatto. Chiunque conosca la zona, sa che tutto è tranne che un luogo “desolato”, come è stato più volte definito durante l’evento dell’Auditorium del Parco. E ciò nonostante rimanga un luogo privilegiato per chi vuole godere dei panorami, delle cime e delle emozioni dell’alta montagna. Nella cornice dei due Corni, del Pizzo di Intermesoli e della Val d’Arno semplici escursioni e vie alpinistiche permettono una frequentazione trasversale e compatibile con i branchi di camosci che spesso attraversano i sentieri e i valichi a pochi metri dagli escursionisti.
Non può che preoccupare l’idea che il rilancio di un territorio montano, tutt’altro che remoto e già molto frequentato, sia ancora considerato legato all’infrastrutturazione finalizzata al turismo altamente impattante. Il processo innescato da GS anno zero ha certamente il merito di porre la questione della partecipazione del tessuto sociale aquilano al rilancio post terremoto. Tra le proposte, va detto, trovano posto anche progetti imprescindibili per creare un rapporto più stretto tra città e alta quota, come un museo della montagna con finalità divulgative, o come la limitazione del traffico privato ad alcune aree meno prossime alle vette. Tuttavia, l’ “industrializzazione” dell’outdoor a breve distanza dalla metropoli romana, rischia di trasformarsi in una trappola del “mordi e fuggi”, che non radica un legame con le montagne abruzzesi. Inoltre, nell’attuale contesto economico, una soluzione del genere non è scontato che porti profitti, anche se a poche realtà. Ma se i progetti vanno e vengono, le infrastrutture, il territorio perso, le trasformazioni dell’ambiente restano.
Giovanni Pietrangeli

www.gransassoannozero.it

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