Elogio del silenzio

3 ottobre 2012

Uno degli aspetti che caratterizza i territori di montagna è la specificità del paesaggio sonoro. Purtroppo, tra gli effetti della deriva culturale in cui siamo attualmente immersi, vi è quello di ignorare massicciamente questa dimensione della vita montanara. E’ evidente che contro la rumorosità della nostra vita quotidiana (trasporti, cantieri, sfalci, motoseghe, ecc.) c’è probabilmente poco da fare, ma quando i suoni rumorosi e disturbanti provengono da manifestazioni pubbliche o da comportamenti legati al divertimento, forse si tratta di fare scelte diverse: motonautica, coppe d’oro automobilistiche, dj d’alta quota, raduni motociclistici, musica commerciale in malga e rifugio, volo turistico in elicottero, corse con i Quad – solo per fare alcuni esempi – andrebbero regolamentati con maggiore severità o forse, in parte, anche vietati.

So che una delle repliche possibili è: «Ma la ‘gente’ vuole questo!». Sicuri? Spesso la ‘gente’ che viene in montagna, anziani e bambini compresi, desidera o necessita di un po’ di quiete proveniente dall’ambiente naturale. Forse, evitare che i territori di montagna diventino realmente, come temiamo in molti, dei giganteschi e chiassosi parchi di divertimento, dipende dalla consapevolezza di chi li abita. Consapevolezza della specificità. Tanto quanto un’onesta lucidità dovrebbe sostenere l’impraticabilità di trafori e cementificazioni selvagge in montagna, altrettanto andrebbe dichiarato sulla particolarità del paesaggio sonoro negli ambienti naturali e a bassa densità di popolazione. E’ contraddittorio apprezzare uno sfalcio ben fatto o un’abitazione costruita in stile e contemporaneamente rimanere indifferenti di fronte all’ingombro soffocante dei rumori causati da alcuni degli eventi citati. E’ una questione di salute. Non mi sento fanatico, né ‘purista’ o, ingenuamente, contro l’economia turistica. Penso però che l’attuale crisi economica non si vinca con l’appiattimento e il livellamento verso un modello di vita che, tra gli altri danni, annovera anche quello di tollerare nei nostri paesi le accelerate aggressive di una ‘due tempi’ o di uno spettacolo musicale di fondovalle il cui frastuono si sente fino in alta valle.
Stiamo diventando metropolitani? Sarebbe un peccato oltre che un miope errore.

Le Dolomiti sono Patrimonio dell’umanità ed è necessario che facciamo tutti uno sforzo per immaginare sviluppi e azioni che vadano nella direzione della valorizzazione delle peculiarità, incluso il paesaggio sonoro. Il compiacimento per il silenzio delle montagne sta diventando un po’ ipocrita. Apriamo le orecchie e riflettiamo: perché quella salutare quiete, forse, ci sta definitivamente sfuggendo.
Gino Ruoso

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