Dopo 10 anni di attività chiude l’ennesimo ristorante alpino

31 gennaio 2014

Tre attività commerciali chiuse in pochi mesi in un piccolo comune alpino del Piemonte. Una notizia assolutamente in linea con ciò che accade, purtroppo, in molte parti del nostro paese, dalle coste del Mediterraneo alle cime delle Alpi. Dove le attività commerciali devono spesso fare i conti con la contrazione delle entrate economiche e l’aumento di spese e imposte. Ma qui, come in altri luoghi montani, la notizia della chiusura di un locale pubblico è doppiamente negativa. Perché insieme al ristorante o all’albergo spariscono anche le loro funzioni di animazione e presidio del territorio.
Siamo andati a trovare Elena Benech, titolare dell’ennesimo ristorante che dopo oltre dieci anni di attività, con una buona clientela affezionata, e tanto di recensioni positive su Tripadvisor, all’inzio di quest’anno ha dovuto chiudere i battenti. Perché negli ultimi anni sono aumentate in maniera esponenziale le spese, tasse in testa.
«La Regione Piemonte, saputo delle nostre difficoltà un giorno mi telefona – racconta – e mi offre un corso di formazione per aumentare il numero dei clienti». Quello è stato il momento in cui Elena ha realizzato lo scollamento che esiste tra chi amministra e chi lavora sul territorio. «Io di clienti ne ho – spiega – anche buoni e fidelizzati, e non potrei aumentare il loro numero a dismisura, perché noi facciamo un discorso di qualità, legata al territorio. Il mio problema sono le spese, le tasse che continuano ad aumentare».

Elena ci tiene a sottolineare che lei non è contro le tasse, perché se il sistema funzionasse bene sarebbe contenta di pagarle per avere servizi efficienti: «Ma non si può aumentare la Tares del 400%, per portare il Bidone Compost ai montanari. Perché qui usiamo da sempre “la tampa”, e il bidone compost andate a darlo ai cittadini, non a noi. Come il cassonetto dello sfalcio: noi abbiamo sempre bruciato, e se ce lo lasciaste fare non ci sarebbe bisogno di raccogliere. Non parliamo poi dell’acqua: non ci lasciano usare direttamente le nostre sorgenti, convogliano l’acqua a valle e d’estate l’acquedotto porta l’acqua su in montagna con le autobotti quando c’è siccità. Vi sembra sensato? E poi certo che il servizio diventa caro».
Maurizio Dematteis

Guarda l’intervista a Elena Benech


Commenti: 2 commenti

  1. boris scrive:

    l’intervista ha ottenuto grande interesse su FB e mi chiedo e vi chiedo: come mai non è riportato il nome, la località, la valle in cui questo avviene? sarebbe poi interessante che le varie questioni poste da Elena fossero esplicitamente girate – e Dislivelli è un interlocutore di tutto rispetto – ai responsabili (singoli e istituzioni: Regione, Acea, ex CM.. ecc.) per sapere se hanno qualche iniziativa in cantiere per contrastare questi effetti perversi (?) delle politiche, si fa per dire, per la montagna, il lavoro, lo sviluppo, l’occupazione…

  2. Redazione Dislivelli scrive:

    Tali indicazioni non sono state riportate su esrpessa richiesta dell’intervistata. Ma la questione che ha destato interesse, e sul nostro canale youtube la videointervista ha ormai superato o 20 mila (venti mila…) contatti, non è la storia di una singola realtà, ma per citare Nuto Revelli: “…non è un epoisodio marginale, non è un episodio a sé. E’ la storia di mezza Italia, del nord come del sud, del Veneto come della Calabria. Una società che abbandona al proprio destino le sacche di depressione e di miseria, che soffoca le minoranze, è una società malata”, (da Il mondo dei vinti, Einaudi).

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