Dal produttore al consumatore

16 aprile 2010

Sono dieci produttori, giovani tra i 35 e i 40 anni, per la metà donne, ad aver dato vita all’Associazione Produttori Civrin della Val Chiusella. Dopo un iter di un anno e mezzo, stilato il disciplinare sotto la guida dell’Istituto lattiero-caseario di Moretta, oggi il Civrin ha un marchio registrato e un logo che raffigura il Monte Marzo che domina l’Alta Val Chiusella, dove si concentra la maggior parte dei produttori.
«Siamo all’inizio, l’associazione è nata nell’ottobre 2009 – racconta Piergiorgio Giacchetto, vice Presidente dell’Associazione -. Per tutti noi che facevamo già il Civrin non è facile cambiare produzione o metterci d’accordo per la distribuzione. Ci siamo dovuti confrontare anche per trovare la forma e la compattezza che potessero dare riconoscibilità al prodotto, anche se il gusto può mutare perché il formaggio è a latte crudo e i pascoli fanno cambiare notevolmente il gusto, così come la mano del casaro». Al decimo giorno di stagionatura il formaggio può essere commercializzato come Civrin. Per le sue caratteristiche, è stato inserito nel “Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino”, un marchio che segnala prodotti storicamente legati al territorio, lavorati in modo artigianale da produttori locali con l’utilizzo di materie prime del luogo e che possono costituire una potenzialità per lo sviluppo locale.
Proprio la sua produzione artigianale, frutto della passione per il proprio lavoro da parte di allevatori e casari, ha reso il Civrin un formaggio apprezzato e richiesto: «Le nostre aziende – prosegue Giacchetto – sono di dimensioni medio-piccole, tra i 25 e i 30 capi, con vacche valdostane, pezzate rosse o meticce. La conduzione è familiare e il lavoro non manca: dal mattino alle sei alla sera alle dieci, sette giorni su sette. Molta fatica, tanta passione, ma alla fine qualche soddisfazione arriva».
Parlare del Civrin, così come della toma fresca di Trausella, altro prodotto valchiusellese del Paniere, significa parlare del ruolo degli allevatori in quanto “custodi della montagna”: « I pascoli sono in gran parte nostri, altri ne prendiamo in affitto. Tenerli puliti è importante, anche se molto faticoso».
Far conoscere il Civrin al di fuori della Valle non significa solo “esportarlo”, ma “importare” turisti e estimatori sul territorio: «Io sono dell’opinione – conclude Piergiorgio Giacchetto – che sia sempre meglio portare la gente qui: se porto la gente qui, non lavoro solo io. E’ un buon modo per gestire il territorio».
Valentina Porcellana

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