Bisogna partire!

6 luglio 2016

Per un’altra storia di “nuovi montanari”, torniamo a fare tappa nella magia delle Pertiche di Valle Sabbia, dove risiedo, per poi rifare un salto in Valtellina nelle prossime puntate.
In località Casine, a cavallo della splendida Colma Passello che segna il passo tra le frazioni Belprato e Livemmo, nel mese di novembre dello scorso anno è arrivata ad allevare mucche una giovane coppia assieme alle loro due bimbe. Sono Cristian Rivetta (cl. 1975) e Milena Gabusi (cl. 1981). Cristian, originario di Gavardo, comune collinare della bassa Val Sabbia, dove è cresciuto in una famiglia di agricoltori, dopo il diploma di geometra svolge diversi lavori: camionista, operatore in un caseificio che produce Grana Padano e, per quindici anni, operaio in un’azienda della Bassa bresciana produttrice di grandi stampe in plastica. Milena è invece nativa di Belprato, assolato borgo perticarolo a 800 mt. di quota; i suoi genitori, come tanti della generazione del boom economico nata tra gli anni ’40 e ’60, hanno preferito il lavoro dipendente nelle industrie locali rispetto alla al lavoro contadino dei vecchi; dopo la Laurea allo Iulm di Milano frequentato nel quieto distaccamento di Feltre (Bl), trova impiego a Brescia nel settore della comunicazione, fa esperienza in Spagna nell’ambito del volontariato europeo e torna nella sua valle per collaborare con una nota ditta locale specializzata in idraulica.

Due background differenti, ma dai punti in comune sorprendentemente fatali: un passato che si fa presente, un’esperienza che si attualizza, una montagna che manda echi di richiamo. Il loro incontro avviene, per ironia della sorte, agli antipodi del contesto locale, nel non-luogo della Fiera di Milano-Rho, dove prestano servizio per le rispettive aziende: entrambi si scoprono valsabbini, condividono valori e stili di vita e di lì a breve sognano di costruire una famiglia insieme. Durante la prima gravidanza, Milena, trascorrendo le ore a casa nella solitudine e nell’anonimato di un paese di fondovalle, mentre Cristian fa il pendolare verso e dalla pianura, sente il richiamo di casa, dove ci si conosce tutti, dove la solidarietà e l’aiuto reciproco sono ancora ingredienti quotidiani, e dove la aspetta la famiglia d’origine, pronta a venirle in soccorso in caso di bisogno. “Cristian, sin dai primi tempi in cui ci frequentavamo, mi diceva: ‘Prima o poi cambio vita’. Vivere a Belprato ci ha incoraggiati ancor di più verso la nostra personale transizione”, dice Milena. E Cristian aggiunge: “Quando eravamo ancora morosi, la prima volta che l’ho accompagnata a casa, alle due di notte, lungo quella strada stretta e in salita mi chiedevo, perplesso, dove stessi andando. Poi, rivedendo questi posti di giorno… Beh, una meraviglia!”. Per qualche anno il pendolarismo continua, un po’ a fatica. C’è lo stipendio sicuro a fine mese e il fine settimana libero, sì, ma il tragitto in auto dell’andata e del ritorno e le otto ore nel capannone a lavorare con le luci al neon iniziano a pesare; il sogno di una vita diversa, a contatto con la natura, comincia a intrufolarsi nei pensieri fino a diventare un progetto concreto. “Non bisogna mai aspettare il momento giusto per realizzare i nostri sogni, perché il momento giusto non verrà mai. Bisogna partire!”, dice, con quieta franchezza e invidiabile capacità di sintesi. Nel frattempo arriva la seconda bimba e Milena capisce l’importanza di crescere personalmente le piccole, senza lo stress del dividersi tra famiglia e lavoro, che decide di lasciare di lì a breve. A questo punto, entrano in gioco due elementi fondamentali in direzione del cambiamento: la provenienza e l’esperienza contadina di Cristian e la porzione di stalla e fienile di una zia di Milena, alla Colma Passello.

Nell’ottobre del 2015, anche Cristian lascia il lavoro dipendente per dedicarsi, finalmente, alla creazione di una piccola azienda zootecnica di montagna, Malga Casine, dove, con il latte delle mucche, produrre burro e formaggi nel rispetto della tradizione locale. Inizia la fienagione per la successiva stagione invernale, la ristrutturazione dei vecchi stalla e fienile con caseificio annesso e, a settembre, ecco l’arrivo delle prime mucche. “Ho capito che, di piedi, in una scarpa ne puoi mettere uno solo. E così il passo è stato breve. O qui o là. Allevare animali ti prende talmente tanto tempo che è impensabile continuare a lavorare giù. Venire a vivere e a lavorare qui è stato come tornare ai tempi in cui ero piccolo, nella frazione campagnola di Gavardo. Avevamo due mucche a cui somministravamo il fieno che facevamo tra uliveto e vigneto. E la mia mamma era di Bovegno (in alta Valle Trompia, n.d.r.), dove la sua famiglia allevava bovini e faceva il fieno a 1300 mt. di quota. Avevo già un po’ di pratica ed esperienza”. Alcuni capi vengono ritirati da un pensionato della vicina Livemmo. Tra le dodici mucche, si annoverano alcune Svizzere, una pezzata rossa e un paio di meticce derivate da incroci. L’intento sarebbe, però, di sostituirle man mano: “La Svizzera”, continua Cristian, “è un po’ troppo delicata per questi ambienti. Qui andrebbero meglio le Rendene (bovini originari dell’omonima valle trentina, n.d.r.) o le Grigio Alpine (allevate principalmente nel Sudtirolo e in Trentino, n.d.r.). Fanno meno latte, ma sono più rustiche e adatte alle nostre quote e pendenze. Le Svizzere devi ‘spingerle’ con i mangimi e lasciarle in stalla. Ma il latte è scadente e totale la dipendenza dalle miscele. Il mio intento è quello di eliminarle e di somministrare solo erba in estate nel periodo di pascolo e fieno nelle stagioni di stabulazione. Tutti mi dicono che sono matto, ma così è come si è fatto per secoli”. Aggiunge Milena: “Nella vecchia stalla, ci siamo ritrovati con una lettiera più corta mentre adesso le mucche sono geneticamente più lunghe”, dice Milena. Prosegue Cristian: “È cambiata sì la genetica delle mucche, ma anche la schiena di chi tiene le mucche. Una volta i prati li concimavi, li tenevi puliti, li falciavi, facevi un fieno buono, sostanzioso, e non avevi bisogno di dare il resto. Adesso non pulisce più nessuno, non concima più nessuno, il fieno non è buono e sei costretto a integrarlo con miscele e farine. Il nonnino che mi ha venduto del fieno quest’anno, fatto tutto a mano, lo mette in bacca, non imballato. Quando lo hanno mangiato le mucche facevano i salti di gioia!”. Anche Cristian non imballa il fieno, ma, come tradizione, lo ammucchia nel fienile e lo calca coi piedi per poi tagliarlo con il tagliafieno. Con una piccola falciatrice, taglia l’erba attorno al fienile e quella di proprietà di tanti residenti che desiderano vedere i propri fondi puliti: “Tanti falciano lo stesso perché dispiace vedere il terreno rimboschirsi, ma quando hanno saputo che ero arrivato qui con le mucche in tantissimi sono venuti a chiedermi di pulire il loro prato. Io pulisco e in cambio mi porto a casa un po’ di fieno. Ci sono terreni molto belli, con fieno di qualità e allora ricambierò con una formaggella e un po’ di burro”. Questo sistema permette a Cristian di essere autosufficiente in termini di foraggio. La vendita dei prodotti – stracchino, formaggelle, burro e formaggio stagionato – viene per ora effettuata solo a privati in maniera diretta. Ma, assicura Milena, forte del bagaglio di studi e pratica come esperta di comunicazione, verrà privilegiata la vendita via web, a gruppi d’acquisto, in occasione di eventi tesi a promuovere i prodotti locali, nonché nella nuova bottega di Livemmo, prossima di riapertura. Verrà invece esclusa la vendita ai commercianti, dove il margine di guadagno è troppo risicato, dove non viene attribuito particolare valore a quanto lavoro e quanta passione si hanno profuso. “Se non sarà troppo difficoltoso in termini burocratici”, aggiunge Cristian, “mi piacerebbe ottenere la certificazione biologica. Ma, perché ciò avvenga, devo poter sostituire le mie mucche con razze più rustiche cui somministrare solo erba e fieno”. Milena, cui piacerebbe aiutare Cristian non appena le due bimbe saranno più grandi e andranno nella locale scuola dell’infanzia (a Pertica Alta sussistono, nonostante i tempi, un asilo e una scuola elementare comunali), oltre alla comunicazione segue tutte le pratiche burocratiche, cui prestare attenzione giornalmente per la loro nota complessità. Per il futuro, c’è anche l’idea della moderna polifunzionalità dell’azienda, dove al lavoro ordinario affiancare attività didattiche e di intrattenimento, come corsi di caseificazione e attività all’aria aperta: “Bisogna puntare a fare qualcosa che non si è mai fatto. I contadini di questa zona sono stati tutti un po’ solitari, gelosi del proprio lavoro, poco propensi a comunicare con l’esterno. Ora i tempi sono cambiati. Oggi devi aprire le porte, non chiuderle. E, poiché il nostro lavoro non è un hobby ma ciò che ci dà e darà da vivere, dobbiamo puntare sulla versatilità della nostra azienda”.
Alla mia domanda su cosa rimpiange della vita sua vita passata, Cristian risponde, con la spontaneità che lo caratterizza: “Stare a letto fin tardi la domenica mattina!”, ride. “Adesso ho molti più pensieri rispetto a prima, molti più punti di domanda. Però ci sono tante altre soddisfazioni: il contatto con la natura, le persone che apprezzano i miei prodotti, soprattutto i più anziani, che spesso, con un briciolo di rabbia per i confronti col loro passato, si complimentano per la qualità del mio burro, prodotto dalla panna di affioramento sbattuta nella zangola rotatoria, a mano, come si faceva una volta. Le bambine sono felici, crescono vicine a noi e in un ambiente sano”.
È la prima volta che, nella rubrica “Nuovi montanari”, riporto un’esperienza da parte di giovani coppie con figli piccoli: Cristian e Milena non possono che indicare un percorso che possa essere di esempio per chiunque intenda realizzare il proprio sogno di ritorno o andata alla montagna insieme alla propria famiglia.
Michela Capra

Info: malgacasine@gmail.com

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