Di Fabiana Re
La ricerca di un dialogo costruttivo con chi governa la montagna è il grande cruccio di RIFAI, la Rete nazionale nata per dare voce ai bisogni e ai desideri dei giovani che vivono – o vorrebbero vivere – nelle Aree Interne.
Lo era nel 2020, ancor prima della nascita dell’associazione, quando un gruppo proveniente da Piemonte, Sicilia e Friuli Venezia Giulia si riunì a Valloriate per confrontarsi con Sindaci, parlamentari e rappresentanti di Unioni Montane sul tema del dialogo tra pubblico e privato: un incontro che si risolse in una serie di risposte troppo vaghe, in un’insoddisfazione generativa che portò a immaginare la potenza di una rete di advocacy nazionale.
Lo era nel 2021, durante la redazione del “Manifesto di RIFAI” che mette al primo posto la richiesta di “+Partecipazione” dei giovani, sia all’interno della Pubblica Amministrazione sia al fianco della stessa, per sperimentare la co-produzione di politiche pubbliche per le aree montane e il coinvolgimento di cittadini e cittadine nel processo decisionale.
Lo è ancora oggi, ed è per questo che negli scorsi mesi il gruppo regionale di RIFAI del Piemonte e della Valle d’Aosta ha avviato un progetto per costruire spazi di dialogo e partecipazione con alcune Unioni Montane del territorio. Abbiamo chiamato questo progetto “FacilitAzioni” per esplicitare la nostra volontà di facilitare processi di cambiamento reali e agiti all’interno dell’Amministrazione Pubblica, portando la voce dei giovani – grande inascoltata – nell’arena decisionale.
Perché le Unioni Montane, e non i singoli Comuni o la Regione? Con chi dialogare e allearsi per cambiare la montagna, chi la governa? Il principio della sussidiarietà verticale e della ricerca dell’interlocutore più adatto si fa difficile quando ci si addentra in territori montani. Da un lato, Comuni troppo piccoli e frammentati per affrontare con impatto le grandi sfide sovralocali; dall’altro, la Regione, troppo distante dai territori per occuparsi in modo puntuale e dedicato delle loro peculiari esigenze. Ed è così che, nel tentativo di destreggiarci in questo mare magnum che si crea tra i due livelli, abbiamo scelto di rivolgerci alle Unioni Montane in quanto corpi intermedi.
Fin dall’inizio era chiaro che FacilitAzioni sarebbe stato soltanto un primo passo nella direzione di una maggiore collaborazione tra privato sociale e settore pubblico. Il nostro obiettivo era organizzare un incontro conoscitivo con i rappresentanti politici di tre Unioni Montane del territorio (Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone, Valli Chisone e Germanasca, Unité des Communes valdôtaines Grand-Paradis), presentare RIFAI quale soggetto con il quale avviare un dialogo duraturo sui temi di rilievo per la Rete stessa e porci in ascolto dei progetti e dei bisogni delle Unioni per ricercare un terreno comune.
In particolare, ci interessava ragionare sul tema delle politiche giovanili da implementare per incoraggiare la permanenza o l’arrivo dei giovani nelle aree montane. Le politiche giovanili sono un terreno scivoloso: la loro trasversalità dovrebbe portarle all’integrazione nelle politiche sociali, culturali, lavorative, eppure spesso si traduce in invisibilità. Sono le grandi assenti nella riflessione di chi governa la montagna, in un contesto in cui lo spopolamento dei territori richiederebbe invece massicci investimenti in questa direzione.
Con il supporto della Rete nazionale abbiamo raccolto alcune idee di possibili politiche giovanili per le Aree Interne. Le possibilità sono tante, da declinare in base alle esigenze del territorio specifico: la messa a disposizione di spazi di incontro per singoli e associazioni, la creazione di sportelli di accompagnamento al trasferimento e alla ricerca di lavoro in montagna, il coinvolgimento degli studenti negli Enti locali attraverso PCTO, la creazione di tavoli di negoziazione e consultazione permanenti con giovani rappresentanti, la co-progettazione di attività culturali, la promozione di percorsi youth work e scambi di mobilità temporanea…
Un elenco di spunti, questo, che intendevamo presentare alle Unioni Montane non con l’arrogante pretesa di avere soluzioni, quanto piuttosto con la volontà di riportare l’attenzione dell’istituzione a un tema per noi rilevante e di aprirci al confronto. Sapevamo che avremmo avuto di fronte degli Enti forse inadatti alla promozione di un cambiamento di portata strutturale: parte integrante di FacilitAzioni è stata infatti una prima fase di formazione su poteri e limiti degli Enti Locali. L’incontro con Marco Balagna, Responsabile Amministrativo dell’Unione Valli Orco e Soana, ha inquadrato efficacemente le criticità delle Unioni Montane in termini di stabilità della governance e di strutturazione gestionale e manageriale.
Come sempre, però, lo studio della teoria è ben diverso dall’apprendimento nella pratica, sporcandosi le mani: è una verità che i giovani attraversano nella transizione dagli studi alla vita lavorativa – quante frustrazioni – e che abbiamo sperimentato anche in FacilitAzioni.
Un obiettivo minimo, visto da lontano quasi banale – organizzare degli incontri tra un piccolo gruppo di giovani e i rappresentanti politici delle Unioni Montane individuate – ci ha rivelato tutte le sue inaspettate difficoltà. E’ stato difficile stabilire un primo contatto con i Presidenti, ancor di più in mesi caratterizzati dall’insediamento di nuove giunte; è stato difficile fissare gli incontri, talvolta disertati all’ultimo minuto proprio dal rappresentante politico e lasciati in mano a un tecnico; è stato difficile ottenere un tempo di confronto adeguato ad affrontare temi complessi. Ma se rileggiamo questa nostra esperienza all’interno del quadro affrescato da Balagna durante la formazione, siamo in grado di individuare le cause strutturali di queste difficoltà senza addossare le responsabilità ai singoli. Abbiamo ricercato un dialogo su una non-urgenza (“parliamo di politiche giovanili?”) con persone che, oltre a essere Presidenti di Unioni Montane, sono Sindaci del loro comune – con tutto il carico di responsabilità che ciò comporta – e magari hanno anche un altro lavoro, perché in un piccolo Comune di montagna si diventa Sindaco per passione, e non di certo per i vantaggi economici. Alle loro spalle non c’è un apparato tecnico sufficientemente strutturato per dare impulso e consistenza a una linea di azione. Come ricavare quello spazio di riflessione necessario alla pianificazione di interventi sul lungo periodo e capaci di generare impatto in questo contesto?
I tempi dilatati di FacilitAzioni non hanno spento la nostra volontà di fare advocacy sul tema delle politiche giovanili, ma forse l’hanno irrobustita con una buona dose di consapevolezza e realismo. Per costruire il nuovo governo della montagna occorre ripartire dalle Unioni Montane che “sono meglio di niente”, come ci ha insegnato Marco Bussone durante la formazione. Ma bisogna imparare a fare i conti con la loro poca disponibilità, con la sensazione che ascoltare i giovani che parlano di futuro forse non sia la priorità di chi ha delle urgenze da risolvere oggi, e con la consapevolezza che occorre ricucire pezzi e voci di territorio nell’assenza di un soggetto forte a cui rivolgersi per progettare cambiamenti.
Lo ammettiamo, è frustrante. Perché dobbiamo adeguarci al passo dei processi lenti mentre sentiamo tante urgenze contemporanee, dallo spopolamento dei territori alla crisi climatica, che vorremmo vedere affrontate di petto dai decisori politici, e che invece vengono sistematicamente accantonate, ridotte, deprioritarizzate.
E’ frustrante, ma è troppo semplice nascondersi dietro alla frustrazione e abbandonare una visione di cambiamento. Per questo restiamo testardamente aperti al dialogo, per dare il nostro contributo alla costruzione del nuovo governo della montagna.