di Oscar Gaspari (Fondation Émile Chanoux-LUMSA Roma)

«Ho pensato di prendere il nome di Leone XIV […] principalmente perché il Papa Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».

Con questa frase alla fine del discorso “di investitura” del 10 maggio 2025 al Collegio Cardinalizio, il nuovo Papa, Robert Francis Prevost, ha chiarito la ragione fondamentale che lo ha spinto a scegliere il nome di Leone XIV: la sfida posta oggi alla Chiesa, e al mondo, dalla intelligenza artificiale è difficile e complessa come quella della rivoluzione industriale a cavallo tra ‘800 e ‘900, cui aveva risposto Leone XIII.

I vaticanisti avevano anticipato il motivo di quella scelta sin dall’8 maggio, dall’annuncio del nome dal balcone della basilica di San Pietro: Leone XIV era il successore del Leone XIII dell’Enciclica Rerum novarum, del 1891. I giornali avevano ricordato che quel papa, dimenticato dall’opinione pubblica, era passato alla storia anche per altre importanti iniziative, oltre a quella di aver dato vita alla Dottrina sociale della Chiesa con la Rerum Novarum: aveva proclamato Rita da Cascia Santa, tanto cara all’ordine degli Agostiniani cui appartiene il nuovo Papa; era il «Papa del Rosario», per aver dedicato a quella preghiera una delle sue tante (ben nove) encicliche, De Octobri Mense, anche questa del 1891. È stato ricordato anche che nel 1890 Leone XIII ricevette l’ex soldato americano Buffalo Bill col suo spettacolo circense itinerante, ed è stato il primo papa ad essere filmato: il 26 febbraio 1896 è stato ripreso con un Cinématographe Lumière. I quotidiani hanno pure scritto che Leone XIII è stato un papa molto longevo – nato nel 1810 e morto nel 1903 a 93 anni – ed è rimasto in carica per 25 anni, 5 mesi e 5 giorni, dal 20 febbraio 1878 al 20 luglio 1903.

Si è poi ricordato anche che Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci, Leone XIII, è nato a Carpineto Romano, un paese in provincia di Roma, ma è da dubitare che si sia aggiunto che il suo paese si trova nel cuore dei Monti Lepini «gruppo montuoso del Lazio, appartenente al settore settentrionale dei Monti Volsci, nell’Antiappennino laziale», come riporta Wikipedia.

Ancor meno probabile è che si sia ricordato che Leone XIII, da giovane, è stato un appassionato alpinista, come testimoniato da Joseph Fraikin, suo biografo, abate belga e suo contemporaneo. Per gli storici, infatti, il Papa alpinista è stato Pio XI, Achille Ratti, socio e consigliere della sezione di Milano del Club Alpino Italiano, che fu Papa dal 1929 al 1939. Papa Leone XIII non è stato iscritto al Cai, non ha scalato le Alpi, come Achille Ratti, ma era nato in montagna, negli Appennini e, soprattutto, doveva avere la montagna nel cuore. Fu quasi certamente per l’amore della sua montagna che nel 1900 le montagne italiane e di alcuni paesi europei, come Spagna e Svizzera, vennero invitate a partecipare al Giubileo. Fu così che, grazie a sottoscrizioni popolari, le montanare e i montanari innalzarono sulle cime dei propri monti Monumenti a Cristo Redentore, al Sacro Cuore di Gesù e Croci, quasi tutti ancora esistenti, sempre grazie alla loro cura e, in Italia, restaurate e ricostruite anche con il contributo del Cai e dell’Associazione nazionale alpini. Quei manufatti non sono croci di vetta, frutto di devozione o di iniziative personali, ma segni di fede e di identità delle comunità che le hanno volute e che le curano da ben più di un secolo.

Alla questione del lavoro affrontata ieri da Leone XIII e ripresa oggi da Leone XIV, si deve sommare la questione ambientale posta all’attenzione del mondo dall’enciclica Laudato si’ del 2015 di Francesco. Il messaggio di unità e identità comunitaria del Giubileo del 1900 nelle montagne italiane può divenire il messaggio di cura e di rispetto della natura del Giubileo del 2025, visto che le montagne sono tra gli ambienti più colpiti dagli effetti del cam­biamento climatico e le loro comunità sono tra quelle che più ne soffrono i danni. Il torinese Pier Giorgio Frassati, anche lui appassionato alpinista –  e antifascista – verrà proclamato Santo domenica 3 agosto 2025, al termine del Giubileo dei Giovani. Il giovane Frassati  ha avuto il Cristo del Mombarone tra le sue mete preferite e sotto quella statua i suoi amici della associazione alpinistica cattolica Giovane montagna costruirono nel 1934 un rifugio dedicato a lui. Il Cristo del Mombarone è stato il primo monumento innalzato dalle montanare e dai montanari italiani per il Giubileo del 1900, una poco nota eredità di Leone XIII che, rinnovata dalla santità del giovane Frassati, il suo successore Leone XIV potrebbe ricordare, insieme a quella della Rerum Novarum.