Vivere in Valle di Viù

26 aprile 2024

Sono già passati dodici anni di vita in Valle di Viù. Dal duemiladodici vivo ai novecentoventi metri di altezza di una solitaria casa del Settecento in pietra e legno ben esposta al sole, non raggiungibile in auto, persa tra i boschi e le balze ai piedi del Monte Civrari, possente sentinella della media valle. A Trichera, la mia borgata di riferimento a cinque chilometri dal capoluogo Viù, non abita più nessuno. L’ultimo è stato Giulio, montanaro vero e forzuto, colto e con i vitelli in stalla, che se n’è andato troppo presto, lasciandoci soli con un senso di vuoto profondo. A Pessinea, dove termina la strada comunale, passano l’inverno tre persone. Un tempo Trichera e Pessinea erano due paeselli con tanto di scuola, oggi sono luoghi del silenzio. Nei giorni feriali, salvo d’estate, è più facile incontrare caprioli e cervi che persone. Torino è a sessanta chilometri, un’ora e mezza di auto, ma la sensazione è di una distanza maggiore.

Posso permettermi di abitare quassù, dove i vicini e molti servizi sono distanti, perché, oltre a non avere figli da crescere, non ho bisogno di muovermi ogni giorno per lavoro. Amo stare nel silenzio, respirare aria buona, bere acqua di sorgente e godere la bellezza del paesaggio. Sono gli ingredienti più importanti per me nella ricetta della vita, capaci di confermarmi che sono nel posto giusto. Nella civiltà del rumore e del consumo il silenzio e l’assenza sono un lavaggio, un lusso inestimabile, un nutrimento di cui non so fare a meno.

Mi serve una buona connessione internet e più o meno c’è. Mi serve avere un riferimento medico e c’è grazie allo straordinario dottor Vittorio Guerci, che rende la sua farmacia un piccolo ed efficiente pronto soccorso di montagna. Mi serve comprare qualcosa da mangiare o per la casa e ci sono diverse possibilità per farlo. A Viù c’è anche l’edicola, un negozio di articoli sportivi, bar a profusione, ristoranti, pizzeria e un mercato settimanale che amplia l’offerta d’acquisto.

Manca un albergo, a conferma di un turismo di passaggio diretto a Usseglio, in alta valle. Mancano più corriere per raggiungere la ferrovia per Torino a Germagnano, lasciando a casa l’auto. Ma le poche corse gestite da Rossatto spesso sono deserte.

Il cinema più vicino è a Venaria, a un’ora di auto, ma pazienza, io sono dentro a un documentario che cambia ogni momento, da far invidia a quelli di Geo&Geo. Viaggio da fermo, senza muovermi da casa, tra scoperte, rivelazioni, emozioni, curiosità che mi regala questa briciola di mondo persa sulle Alpi, fuori dalla geografia nota e dal turismo. La restanza è certamente il massimo dell’ecologico, con impatto vicino allo zero e la bellezza della natura che viene da me e non sono più io, zaino affardellato, ad andare da lei, come ho fatto per mezzo secolo.

Non si possono omettere le nuove contingenze climatiche. Nell’ottobre del Ventidue la sorgente si è fermata e per sei mesi abbiamo avuto bisogno della SMAT per riempire la cisterna con acqua della pianura trasportata dalle autobotti. Le ultime nevicate di marzo hanno abbattuto alberi e linee elettriche e telefoniche. Siamo rimasti tre giorni a camino e lume di candela, fino a che l’Enel non ci ha ricollegati con una linea volante che dribbla gli alberi caduti. I boschi sono abbandonati a loro stessi e la rinaturalizzazione è un processo lungo e complicato per chi continua a vivere dove l’uomo non comanda più. Insieme agli alberi cadono i muri a secco che sostenevano i campi di segale e di patate, si chiudono le mulattiere storiche, trionfano gli infestanti: al rovo, al sambuco e alla vitalba si è aggiunto l’invasivo ailanto.

Adesso che ho scritto queste note mi metto la tuta da lavoro, affilo la catena della motosega e scendo verso la strada comunale, a duecento metri da casa, per tagliare gli alberi caduti con la pesante neve di primavera. Frassini, roveri, castagni, sambuchi. Avrò una montagna di legna da accatastare e poi, tra un paio d’anni, quando si sarà asciugata e alleggerita, da trasportare in spalla alla casa di Fontanetta. Una fatica appagante, che svuota la mente e lascia spazio ai nuovi pensieri.

Riccardo Carnovalini

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