Re Alberto

31 marzo 2014

«Lo ricordo come fosse ieri. All’ultima lezione del Corso guide, il presidente nazionale del collegio ci raccomandò di non farci illusioni perché col mestiere di Guida alpina non si vive. Io, per diventare un professionista della montagna avevo lasciato tutto, avevo mollato Torino per trasferirmi a Bardonecchia, avevo perduto il mio posto di lavoro in Fiat e avevo imposto un bel sacrificio alla mia famiglia. Quello fu, al contempo, un colpo al cuore e un fortissimo stimolo per inseguire il mio sogno».
Alberto Re, classe 1937, continua imperterrito a esercitare il proprio mestiere di Guida alpina «ancora per un paio d’anni», come afferma senza troppa convinzione. Lo potremmo definire un ex nuovo montanaro, uno che ha mollato la città nel 1971 per trasferirsi tra le Alpi dell’alta Valle di Susa, attratto non dalle sirene dello ski business che in quegli anni iniziava a portare benessere tra i monti, ma dalla passione per un lavoro che in quell’area doveva essere creato da zero.

«Sono cresciuto nelle campagne di Barge e ho avuto un primo contatto con le montagne quando da bambino aiutavo mio zio a trainare la bicicletta carica di frutta e verdura da vendere al mercato di Paesana. Partivamo nottetempo e raggiungevamo la Colletta di Barge all’alba, quando i raggi del sole iniziavano a illuminare il Monviso che compariva magicamente lì davanti a noi. Ma la passione per l’alpinismo è sorta molti anni dopo, quando mi sono trasferito per lavoro a Torino, dove facevo il disegnatore alla Fiat. Un collega più anziano mi portò sulla cresta est del Viso, lì scattò la scintilla che mi condusse alla scuola Gervasutti e a dedicare ogni momento libero alla montagna».
La decisione di diventare Guida alpina non deve essere stata facile per uno che non aveva mai abitato in montagna e che non aveva una consuetudine famigliare alle spalle. In più, Alberto si trasferisce a Bardonecchia, non certo ai piedi del Monte Bianco, del Cervino o delle Tre Cime di Lavaredo. Ma il suo incrollabile ottimismo e la sua forza di volontà lo portano a superare ogni difficoltà.
«In tutta l’alta Valsusa non esisteva una tradizione di Guide alpine, per me fu una fortuna perché mi permise, da forestiero, di costruirmi una professione da zero. Iniziai a prendere accordi con i comuni e con le aziende di soggiorno per accompagnare i bambini in montagna. Organizzavo per i figli dei turisti attività e corsi estivi che prevedevano prevalentemente escursionismo e un po’ di arrampicata facile. Arrivavo ad accompagnarne anche 3000 in una stagione. Con il passare del tempo, i ragazzini più grandi iniziarono a chiedermi di portarli sul Monviso o sul Gran Paradiso, poi arrivarono i loro genitori. In questo modo mi ero creato una bella clientela affezionata ed ero riuscito a produrre altre opportunità di lavoro: in 10 anni tra guide locali e forestiere eravamo in 7 o 8».

A metà anni ’70 Re decide di “destagionalizzare” la propria offerta, impara a sciare e organizza con un amico maestro di sci corsi e lezioni di scialpinismo con cui guadagnarsi da vivere anche nella stagione fredda. Poi a partire da una fortunata spedizione scialpinistica, sempre con clienti, in Marocco nel ’78, Alberto allarga i propri orizzonti professionali verso le montagne del mondo: Himalaya indiano, America Latina, Kilimangiaro. Fino alla straordinaria impresa compiuta nel 1985, quando diventa la prima Guida alpina al mondo a condurre i propri clienti su una vetta di 8000 metri, il Gasherbrum II.
«Con il passare del tempo le montagne di casa mi andavano un po’ strette e decisi di ampliare le proposte per i miei clienti. In quel momento capii che ce l’avrei fatta a vivere del mio mestiere, ma ho comunque sempre cercato di tornare a Bardonecchia in estate per continuare il lavoro con giovani e ragazzi e con le amministrazioni pubbliche per cercare di sviluppare un’offerta turistica più ampia possibile. Oggi la Valle di Susa è un territorio ricco di proposte, dalle ferrate alle falesie, dalla mountain bike allo scialpinismo anche e soprattutto grazie al lavoro delle Guide. Ancora molto deve essere fatto, ma questo lascia numerose opportunità per le nuove leve di professionisti della montagna che abbiano voglia di stabilirsi qui. Lo ripeto spesso ai giovani: il nostro non è un lavoro facile, bisogna sempre inventarsi qualcosa di nuovo, viaggiare e conoscere montagne nuove. Però è altrettanto fondamentale radicarsi in una valle, in un territorio».
L’esempio di Alberto Re ha generato altri proseliti. A partire dalle sue due figlie e dai suoi 4 nipoti, tutti fieramente “nuovi” montanari. Senza contare generazioni di Guide alpine che hanno fatto tesoro dei suoi insegnamenti e sono tornati ad abitare le Alpi.
Simone Bobbio

Commenti: 2 commenti

  1. Ciao Alberto. carissimi saluti da Faenza. Fra 15 gg. saliamo il tuo Monviso. Ciao

    Domenico, già tuo vecchio trekker

  2. grosso odina scrive:

    ciao Alberto
    sono tornata da poco dal Pakistan, superando 2 passi il Mizsthan e ilPasso Moni, piuttosto impegnativi. Sto scrivendo la mia esperienza che accompagnerò con tante belle foto visto il tempo clemente.
    Non scorderò mai la attraversata del deserto tra Thamaraset e Janet in Algeria. Viaggiare tra la natura mi ha sempre regalato emozioni interiori, bellezze, incontri e tanta gioia.. Ti ricordo spesso perchè il viaggio in deserto è stato uno dei più emozionanti.
    Un abbraccio
    Odina

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