Passato e futuro dello sci in Piemonte

2 dicembre 2012

A Sestriere, all’inaugurazione della passata sfortunata stagione invernale, l’Assessore piemontese al Turismo Alberto Cirio fotografava la situazione regionale con queste parole: «La montagna invernale rappresenta il comparto turistico più importante per il nostro territorio. Basti pensare che ogni euro speso in skipass corrisponde a 12 euro di ricaduta economica sull’indotto». Ma purtroppo dal consuntivo della stagione invernale 2011/2012, condotto dall’Osservatorio turistico della montagna, emergono cifre allarmanti. Sei operatori dell’impresa neve su dieci descrivono la stagione passata come la peggiore degli ultimi dieci anni. «Cali di presenze e di fatturato si sono registrati ovunque – introduce il documento – con la sola eccezione della Valle d’Aosta, favorita dalla posizione geografica e dalle maggiori precipitazioni nevose. Per il resto, dal Trentino al Piemonte, dal Veneto all’Appenino Emiliano-Romagnolo fino all’Abruzzo, l’inverno 2011/2012 passerà agli annali come una delle peggiori stagioni turistiche del nuovo millennio». Aperture “a rubinetto”, ritardi nell’avvio della stagione, chiusure anticipate in tutta Italia.

In Piemonte, Limone a gennaio 2012 denunciava un crollo del 95% rispetto alla stagione passata, altre stazioni dichiaravano una riduzione di fatturato del 50%, la Valle di Susa si preoccupava per gli effetti delle manifestazioni no-Tav.
I motivi del disastro della scorsa stagione sono ormai conosciuti. Innanzitutto la neve, grande assente dello scorso inverno. Le abbondanti precipitazioni nevose degli anni precedenti avevano garantito risultati positivi anche alle destinazioni meno famose e meno dotate dal punto di vista recettivo e dell’enterntainment. La risposta a questo problema è l’innevamento artificiale, che però prevede costi che spesso le stazioni (anche i comprensori più grandi) non sono in grado di sostenere. A dicembre 2011 la Regione ha ideato una nuova legge per distribuire i fondi per l’innevamento artificiale: la distinzione tra stazioni medio-grandi e piccole ha permesso a queste ultime di non venire penalizzate nell’accesso ai contributi. Pochi mesi dopo la siccità nevosa con il conseguente aumento delle spese hanno portato all’istituzione di un tavolo di crisi formato dall’Ente stesso e aperto a tutti gli operatori.

Ma la poca neve non basta a spiegare i problemi del settore. A influenzare negativamente la passata stagione è stata anche la crisi economica. Il caro autostrade e il caro benzina hanno contribuito a far diventare la vacanza (o, molto spesso, la giornata) un divertissement per ricchi. Lo scorso anno, a conferma del trend dell’ultimo biennio, sono cresciuti i soggiorni brevi a scapito delle settimane bianche. In tutte le montagne della penisola a flettere è stata soprattutto la clientela italiana: i connazionali che nel primo trimestre del 2012 si sono recati in località montane e sciistiche sono stati il 16% in meno rispetto al 2011. Il Piemonte, che ha subito un netto calo di presenze, è stato scelto per la maggior parte dai piemontesi stessi (28,6%), poi dai liguri (25,7%), dai laziali (22,9%), dai lombardi (17,1%, gli stessi lombardi che nella stagione 2010/2011 hanno rappresentato il primo bacino di utenza delle nostre montagne) e infine dai toscani (5,7%).

Infine è da segnalare come, all’interno della generale sofferenza delle realtà ricettive, a “vincere” siano state quelle strutture che hanno saputo offrire, oltre alla classica formula sci più hotel, opportunità di intrattenimento e svago. E molto probabilmente, anche quest’anno, l’attenzione dell’ospite nelle attività del “dopo-sci” (relax, natura, cultura) premierà ancora una volta quelle strutture che hanno saputo rinnovarsi per meglio accogliere le nuove esigenze del turista.

4 domande ad Alberto Cirio, Assessore al turismo della Regione Piemonte
a cura di Simone Bobbio

Quali i risultati del tavolo di crisi istituito quest’anno dalla Regione per far fronte all’emergenza neve?
Innanzitutto abbiamo ottenuto la proroga della vita tecnica degli impianti: le stazioni sciistiche ora hanno due anni in più per l’adeguamento di skilift e seggiovie. In secondo luogo grazie al nostro intervento, all’interno delle azioni anti-crisi del governo rientrano anche le società che gestiscono gli impianti sciistici che hanno diritto all’estensione delle moratorie sui mutui. Relativamente all’emergenza neve abbiamo concesso gli aiuti per l’innevamento artificiale a tutto il Piemonte – prima era solo Sestriere a beneficiarne – con una spesa che nell’inverno 2011/2012 è stata di 6 milioni di euro. Infine, abbiamo suddiviso le stazioni in piccole e medio-grandi per una suddivisione più equa dei sostegni. In questo modo le 40 microstazioni presenti in Piemonte hanno visto triplicare i loro contributi.

Due anni fa lei aveva annunciato l’acquisizione da parte della Regione di tutte le stazioni sciistiche del territorio.
La mia era più che altro una provocazione per denunciare la concorrenza sleale effettuata, in questo settore, dalle Regioni a statuto autonomo e dalla vicina Francia, dove l’energia elettrica prodotta nelle centrali nucleari viene concessa ai gestori di impianti a prezzi estremamente vantaggiosi. In Valle d’Aosta e Trentino tutti gli impianti appartengono alla Regione, lì i costi vengono sostenuti dalla Regione consentendo ai gestori di praticare prezzi inferiori ai clienti.

È giusto che un ente pubblico, quindi anche i cittadini attraverso le tasse, finanzi un’attività elitaria come lo sci?
Perché i cittadini con le proprie tasse pagano il Teatro Regio? Perché i cittadini con le proprie tasse pagano il sostegno allo sport sui laghi? Da una parte è giusto che le risorse vengano pagate innanzitutto da chi usufruisce dei servizi: la tassa di soggiorno introdotta quest’anno nella Via Lattea servirà per coprire le spese dell’innevamento artificiale, sgravando così la Regione. È la soluzione verso cui ci stiamo muovendo a livello regionale. Considerando una tassa media di 3 euro moltiplicati per i 13 milioni di turisti che abbiamo in Piemonte, otterremmo 40 milioni di euro con cui pagare la neve e non solo, senza incidere sul bilancio dell’ente e sulle tasse dei cittadini. D’altro canto però è anche giusto che l’ente pubblico faccia la sua parte, perché gli aiuti allo sci non sono una spesa ma un investimento: uno sciatore medio spende circa 90 euro al giorno, che vanno a finire nelle casse degli imprenditori del turismo, che poi li riflettono nel sistema tramite tasse e posti di lavoro.

Cosa ci mostrano i trend turistici negli ultimi anni?
Sono aumentati tutti: nel 2011 abbiamo avuto un incremento del 4% di presenze turistiche rispetto al 2010. I picchi di presenze si sono registrati su laghi e colline. Relativamente all’inverno e alla neve ci attestiamo intorno a 1.600.000 presenze.
Daria Rabbia e Simone Bobbio

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