Pandemie e animali selvatici

29 aprile 2020

Alla base della diffusione del nuovo coronavirus Sars-Cov-2 e di molte altre patologie emergenti si celano la distruzione della natura e la perdita di biodiversità. A sottolineare la stretta connessione che esiste tra le nostre attività e la diffusione di pandemie è il nuovo report del Wwf Italia, dal titolo “Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi – Tutelare la salute umana conservando la biodiversità”. Un report che analizza gli effetti più devastanti delle azioni umane nella diffusione di alcune malattie con un forte impatto, oltre che sulla salute delle persone, anche sull’economia e sui rapporti sociali.

Come molti altri agenti virus, responsabili di diverse malattie nell’uomo, anche il Sars-Cov-2 è una zoonosi, termine con cui si indicano i patogeni che si trasmettono dagli animali all’uomo. La sua somiglianza con altri coronavirus simili presenti in alcune specie di chirotteri (comunemente chiamati pipistrelli, ndr), appartenenti al genere Rhinolophus, ha portato i ricercatori a ipotizzare che una di queste specie possa aver costituito il serbatoio naturale del virus. Altre ricerche, svolte dalla South China Agricultural University, ipotizzano invece che il ruolo di vettore sia stato dei pangolini. L’unica certezza, sottolinea il report Wwf, è che dietro la diffusione di questa nuova patologia si nasconda il commercio, spesso illegale, di animali selvatici vivi e di loro parti del corpo. Pratica che è veicolo per vecchie e nuove zoonosi, ed aumenta il rischio di pandemie.

Numerosi scienziati, sottolinea il report Wwf, sono ormai unanimemente concordi sul fatto che il passaggio di patogeni dagli animali selvatici all’uomo (spillover) sia facilitato dalla distruzione, frammentazione e modificazione degli ecosistemi, dovuta alla penetrazione dell’uomo nelle ultime aree incontaminate del pianeta e al commercio di specie selvatiche che, di fatto, determina un contatto intimo tra animali e i loro patogeni. Fattori importanti alla base della diffusione di molte patologie emergenti sono dunque la perdita di habitat e di specie, la creazione di ambienti artificiali, la manipolazione e il commercio di animali selvatici e più in generale la distruzione della biodiversità.
Il processo che favorisce il passaggio di patogeni da alcune specie selvatiche all’uomo, si verifica ogni volta che gli equilibri degli ecosistemi naturali vengono alterati. La scomparsa di specie o popolazioni selvatiche riduce il controllo naturale stabilito dalla natura stessa. Le prime specie che di solito scompaiono sono quelle che contribuiscono maggiormente al controllo della propagazione dei vettori, di solito specie predatrici o specializzate, che lasciano spazio ad altre più opportunistiche. Molte malattie hanno avuto questa origine, come il virus del Nilo, la sindrome polmonare hantavirus o la malattia di Lyme. In quest’ultimo caso, il declino degli opossum in alcune zone dell’America, ha favorito l’aumento delle popolazioni di roditori, come il topo dai piedi bianchi, normalmente infestato da zecche. E sono proprio questi animali che trasmettono i batteri Borrelia burgdorferi, che causano la trasmissione della malattia di Lyme all’uomo.

Secondo il rapporto Wwf, i cambiamenti di uso del suolo e la distruzione di habitat naturali, come le foreste tropicali, sono considerati responsabili di circa la metà delle zoonosi emergenti. Il cambiamento di uso del territorio, la costruzione di strade di accesso alla foresta, l’espansione di territori di caccia e il consumo di carne di animali selvatici (bushmeat), lo sviluppo di villaggi in territori prima selvaggi, hanno esposto l’uomo a nuove forme di contatto con microbi e con le specie selvatiche che li ospitano. L’aumento di diffusione di alcune patologie, come febbre gialla, leishmaniosi e Ebola, sono tutti validi esempi di questo fenomeno. Anche l’HIV (Human Immunodeficiency Virus) si è adattato all’uomo a partire dalla variante presente nelle scimmie delle foreste dell’Africa Centrale.
Tra le cause dirette dello spillover, come si diceva poco sopra, hanno un peso importante anche il commercio di specie selvatiche e il diretto contatto con parti di animali. Purtroppo il commercio di bushmeat è in continuo aumento a livello globale. E l’uccisione illegale di animali selvatici a scopo alimentare viene considerata, dal mondo scientifico e conservazionista internazionale, una delle maggiori cause di declino delle popolazioni selvatiche. Oltre al consumo e al commercio di carne, un altro pericoloso meccanismo di diffusione di zoonosi è il wildlife trafficking, il commercio di fauna selvatica o di alcune parti di animali. Il rischio concreto è che il trasporto di animali selvatici tra continenti e paesi lontani amplifichi la diffusione di patogeni.
Per questo il report Wwf sottolinea come conservare la natura e restaurare gli habitat danneggiati oggi rappresenti uno strumento essenziale non solo per salvaguardare la biodiversità, ma anche per preservare la nostra salute e il nostro benessere. Il funzionamento naturale degli ecosistemi e la loro attenta gestione ostacola la diffusione di malattie, e riduce così il loro impatto sulla salute umana.
Marco Antonelli, Wwf Italia

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