Luciano*, sciatore

6 luglio 2016

La prima volta che vidi una pista da sci era senza neve. Mi trovavo appollaiato sulle gambe di mio padre, entrambi infilati nello stretto sedile della seggiovia che univa Valtournenche ai campi di Champlève, dove si trovavano gli unici campi da sci del capoluogo, così lontani dalle piste mondane del Breuil. Qualche anno dopo trovai finalmente la neve e calzavo dei piccoli sci con attacchi a molla ma, questa volta, a mancare erano gli impianti di risalita, sostituiti dalle nostre sudatissime salite “a scaletta” o “a lisca di pesce” lungo il pendio del campetto di Maen sotto Valtournenche. La pista non era un tracciato di discesa ma un groviglio di tracce e solchi lasciati dagli sci di noi bambini, che avevamo promosso quel piccolo pendio ad ardito trampolino di lancio. Visto oggi, il folle tracciato è solo un dolce canalino, rassicurante e lontano da ogni paura. Ma per noi, piccoli sciatori imbalsamati nei maglioni di lana fatti a mano, la pista era paurosa come il baratro di “Dove osano le aquile”. E dove osavano veramente le aquile? Sulla lama del Furggen, alla fine del lungo tubo di cemento che ti sparava sotto il profilo della cresta, magari nella bufera che rendeva la pista priva di riferimenti reali o immaginati.
Arrivare alle piste del Plan Maison era piuttosto facile, salivi alla stazione di Museroche al Breuil e, dopo solo pochi minuti, scendevi al “piano”. Ad attenderti, gli impianti a fune che conducevano a piste non particolarmente impegnative ma che ti regalavano comunque un rassicurante sguardo sul panorama. Quel panorama che presto ci insegnarono a chiamare “paesaggio”. Però, quando avevamo il coraggio di sbirciare nel vano da cui partiva la vecchia benna per il Furggen, dove era affissa una lavagnetta scritta a mano che recitava il minaccioso slogan “pista SOLO per sciatori esperti”, allora l’inadeguatezza sportiva si faceva avanti. Così con la scusa del brutto tempo o del ghiaccio in pista, o peggio avendo coscienza e conoscenza dell’ultima caduta mortale dello sciatore di turno, ci si avviava verso le più lisce e rassicuranti piste di Plan Maison. Il Furggen lo faremo la prossima volta, c’è tempo.

* Architetto, scrittore e sciatore milanese, da sempre impegnato nella ricerca sulla modernità in ambito alpino, con particolare attenzione all’architettura.

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