Le ultime acque naturali
Gli ultimi corsi d’acqua naturali delle Alpi, ormai meno del 10%, vanno considerati reliquie e tutelati per il loro valore ambientale. Alla luce di questo prendiamo in considerazione le 125 domande di derivazione idrica a scopo idroelettrico presentate in provincia di Belluno, che interessano ben 70 corsi d’acqua. Un lungo elenco che dalla “A” di Anfela alla “V” di Vallesina, comprende torrenti già sfruttati dalle 250 concessioni idroelettriche già concesse come il Boite, il Cordevole, il Frison, il Maè, il Padola. E torrenti ancora naturali, sfuggiti alla canalizzazione dell’epoca dal Vajont, come l’Anfela con le sue forre, il Bordina che scorre nella Valle di San Lucano (patrimonio dell’Unesco), il Mareson ricco di pesci, il Grisol che fuoriesce selvaggio dal Parco delle Dolomiti Bellunesi.
Le 125 domande sono quasi tutti progetti di potenza inferiore a 1 Mw, definiti anche con il rassicurante appellativo di “mini-idroelettrico” o “centraline”. Se il progetto ha potenza inferiore a 1 Mw e soddisfa altri requisiti come il far passare buona parte dalla condotta sotto strada o sentiero e l’essere esterno a parchi o zone di interesse comunitario, per la Regione Veneto, ai sensi del dgr 2834/2009, la procedura di verifica di compatibilità ambientale si considera automaticamente soddisfatta. Inoltre le domande vengono esaminate e approvate singolarmente: il fatto che esistano o siano progettati altri impianti a monte o a valle non viene considerato in nessun momento della procedura autorizzativi, né si valutano i possibili effetti cumulativi. E anche il fatto che gran parte di questi corsi d’acqua fuoriescano direttamente dalle zone dolomitiche, incluse recentemente tra i siti Patrimonio dell’Umanità, non li rende più degni di tutela agli occhi del legislatore regionale.
Dal punto di vista della produzione energetica il contributo di questi impianti sarebbe irrisorio: in Veneto sono state presentate domande per 100 Mw di potenza complessiva, di cui 77 Mw in provincia di Belluno. Di questi, 36 Mw sono la potenza del contestatissimo impianto Camolino-Busche, che preleverebbe 50.000 lt/sec dal Cordevole e dal Mis, rischiando di prosciugare anche l’ultimo tratto di Piave non ancora derivato; 15 Mw, la potenza della grande derivazione di 12.000 lt/sec sul Boite, subito a valle di Cortina d’Ampezzo. Se tutti gli altri 60 e più impianti di mini-idroelettrico richiesti in provincia di Belluno verranno realizzati, la loro potenza complessiva sarà circa 25 Mw, un valore irrisorio di fronte a 18.000 Mw di potenza idroelettrica installati in Italia.
Quello che non risulterebbe irrisorio è il costo ambientale, che sarebbe elevatissimo e non conteggiato. Si tratta della distruzione degli ultimi corsi d’acqua naturali, con la perdita di paesaggio e biodiversità che avevano trovato rifugio in questi luoghi dopo la devastazione dei corsi d’acqua maggiori.
Ma gli incentivi alle rinnovabili, grazie ai quali ogni kw idroelettrico prodotto verrà pagato per 15 anni il triplo del suo valore di mercato, sono forse il motivo di interesse per queste opere. Alle quali non sono insensibili nemmeno le pubbliche amministrazioni, visto che le loro domande interessano 22 dei 70 corsi d’acqua in questione.
Lucia Ruffato