Cosa urge per i parchi

31 maggio 2016

Renzo Moschini (a cura di), “Cosa urge per i parchi”, Edizioni ETS, Pisa 2016

E’ uscito nell’ambito della collana “Le Aree Naturali Protette” di ETS un volumetto che vuole fare il punto sullo stato dell’arte delle politiche ambientali nel nostro paese, con particolare riferimento ai parchi. Nella sua introduzione Renzo Moschini non fa molti giri di parole, scrivendo che «la crisi delle politiche ambientali del paese da anni non si presentava nel suo complesso così grave». E continua dicendo che «le cause di questa allarmante caduta stanno nel manico. E’ la politica che ha fallito disertando sempre più una sfida che sta mettendo a rischio il futuro del paese e del pianeta».
Il libro è quindi una raccolta di contributi autorevoli che cercano di tracciare la via per uscire da questa allarmante situazione e ridare forza e valore al ruolo delle aree protette nel nostro paese. Giuliano Tallone, professore a contratto di Diritto legislazione ambientale, individua le politiche internazionali dei parchi come occasione di rilancio. «La crisi che riguarda le aree protette italiane ha radici ben più profonde che quelle economiche: riguarda la capacità di visione, di strategia, di progetto». Secondo Tallone occorre ripartire dai contenuti, far capire come i parchi possano avere un ruolo centrale nell’affrontare i grandi problemi ecologici del nostro tempo: i cambiamenti del clima e la perdita di biodiversità. «Le aree protette italiane per assumere un ruolo più significativo, o meglio per raccontare quale ruolo significativo hanno nelle politiche complessive del sistema italiano, devono innanzitutto uscire dalla logica quasi solo locale… e saper raccontare la loro funzione anche sulle scale più complessive».
Più locale l’intervento di Valter Giuliano, coordinatore del Centro Studi Valerio Giacomini di Pro Natura, che ripercorre la storia della politica delle aree protette piemontesi, esempio lungimirante a livello nazionale. «In Piemonte si viveva allora (anni 70) una dimensione di grande attenzione alle questioni ambientali e alla pianificazione territoriale. Un vero clima da “primavera dell’ecologia” nel quale le associazioni naturalistiche, guidate dalla Pro Natura, svolsero un ruolo di grande evidenza nello spingere la politica verso normative che adottassero come priorità l’esigenza di difendere il territorio e le aree naturalisticamente più significative».
Agli interventi di Enzo Valbonesi e di Antonello Nuzzo segue quello di Claudio Ferrari, Servizio Sviluppo sostenibile e Aree Protette Provincia Autonoma di Trento, che racconta l’esperienza delle Reti di Riserve della Provincia Autonoma di Trento, giudicata in un recente documento di Cipra Italia come una delle esperienze più innovative in materia di gestione delle aree protette. «La Provincia Autonoma di Trento ha rovesciato l’approccio alla conservazione della natura, tradizionalmente top-down, avviando un processo di reale coinvolgimento delle comunità locali nella loro gestione». Anche Cesare Lasen, geobotanico, è un po’ più ottimista per le aree protette del nordest, sottolineando come «nei territori dell’Italia nordorientale la situazione, pur sempre critica, complessa, mutevole, precaria, mai consolidata, offre spunti per riflessioni e progettualità che non sono completamente da censurare».
Importante, come scrive Domenico Nicoletti, Università degli Studi di Salerno, il ruolo che possono avere le università, che «hanno avviato un proficuo investimento sulla conoscenza, la gestione e salvaguardia delle aree protette… un campo di sperimentazione didattico-formativo e di ricerca per approfondire in maniera integrata metodi e modelli di gestione». Il libro si chiude con interventi più tecnici sulla tutela penale dell’ambiente, sulle proposte di modifiche alla legge quadro sui parchi e sulla storia del moderno ambientalismo in Europa.
Insomma, un volumetto per addetti ai lavori ma dove può trovare spunti interessanti anche il lettore curioso e interessato al futuro delle aree protette italiane.
Stefano Camanni

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