Buona architettura per buoni formaggi
Che il binomio paesaggio/prodotti locali sia ormai entrato a far parte del marketing commerciale, dei desiderata dei consumatori e delle retoriche della programmazione economica e territoriale è un dato consolidato; tuttavia non è così scontato che le architetture delle diverse filiere della produzione agricola generino effetti apprezzabili e riconoscibili sul paesaggio contemporaneo.
Se la produzione vitivinicola ha colto da tempo l’importanza della valorizzazione dell’architettura e dei paesaggi della produzione – basti pensare, oltre al fenomeno delle cantine firmate, agli effetti benefici indotti dalla valorizzazione della viticoltura di montagna attraverso il recupero dei terrazzamenti storici – non altrettanto si può dire per la produzione casearia, nonostante l’affermazione e la crescita qualitativa, specie dei formaggi Dop, di questi ultimi anni.
La consuetudine alla realizzazione di strutture per l’allevamento dei capi con soluzioni standardizzate e prefabbricate – in prevalenza in calcestruzzo – improntate al solo soddisfacimento di criteri quantitativi (massimizzazione dello spazio costruito, contenimento dei costi e dei tempi di costruzione, ecc.) appare oggi stridente con le attenzioni di tutela e di valorizzazione del paesaggio, specie in contesti sensibili come quello alpino. Allo stesso modo, anche gli edifici per la produzione e l’affinamento dei formaggi presentano spesso una qualità edilizia e architettonica evidentemente inadatta ad ospitare la pratica, sempre più diffusa, della promozione in loco dei prodotti – visite dei caseifici, degustazione e vendita in azienda – in stretta continuità con una fruizione attiva del territorio, caratteristica del turismo emergente contemporaneo.
Caseificio alpino Sennaria a Disentis/Munstér, CH, arch. Gion Caminada, 2010
D’altra parte, è legittimo oramai affermare che, anche per i formaggi, i valori di autenticità e di rispetto ambientale dei luoghi della produzione appaiono intrinsecamente legati ai princìpi della qualità e della genuinità dei prodotti alimentari, a maggior ragione per quelli riconosciuti come prodotti di eccellenza.
Valori e princìpi che conducono a una necessità di buona architettura anche per la produzione casearia contemporanea e l’allevamento dei capi allo scopo destinati; ma che cosa possiamo intendere per buona architettura in questo settore produttivo?
Una ricognizione della produzione architettonica recente, specie nei territori montani e pedemontani dell’arco alpino, rivela almeno tre possibili criteri che identificano una buona architettura nel panorama della produzione edilizia corrente.
Un’architettura zootecnica e per la trasformazione casearia deve sapere rispondere a criteri di funzionalità e di efficienza che non si limitino al rispetto delle normative di settore, ma che si prendano cura del benessere animale e delle condizioni di lavoro degli addetti; in altri termini occorre superare l’idea invalsa che i limiti normativi e la destinazione produttiva comportino inevitabilmente, e rendano tollerabile, soluzioni architettoniche ripetitive e di bassa qualità edilizia. La semplicità costruttiva, il contenimento dei costi di costruzione e di manutenzione, la rispondenza agli standard igienico edilizi e produttivi richiedono, al contrario, un maggiore impegno progettuale nella ricerca di soluzioni che rispondano a contesti e a esigenze prestazionali diversificate.
Un secondo criterio di una buona architettura è riconducibile ai temi della sostenibilità ambientale, intesa in un’accezione sistemica che coinvolge il contenimento del consumo delle risorse – l’energia, l’acqua, il suolo – ma anche l’utilizzo di componenti riciclati e riciclabili, piuttosto che l’attenzione nella disposizione insediativa degli edifici nel rispetto delle condizioni orografiche e del contesto costruito circostante. Una responsabilità, quella ambientale, che implica l’azione coordinata e dialogica della triade committente/progettisti/costruttore e richiama nuovamente la centralità della fase progettuale nell’iter di realizzazione.
Stalla a Wildenstein, CH, arch. Kury Stahelin, 2013
Infine, una buona architettura zootecnica o casearia deve contribuire a costruire buoni paesaggi, intesi come paesaggi diffusi e non esclusivamente di eccellenza e, come tali, da tutelare. Occorre, piuttosto, sovvertire la consuetudine che sia sufficiente limitare gli impatti delle strutture, ma piuttosto affermare, che poiché nessun edificio è neutro, il paesaggio è il risultato della stratificazione di una moltitudine d’interventi sul territorio ed è espressione visibile degli effetti delle economie che lo generano. Questa considerazione implica, nei confronti del paesaggio come bene comune, un’assunzione di responsabilità individuale per ogni singolo intervento e una responsabilità collettiva da parte dei soggetti destinati a stabilire regole e azioni di sostegno alle politiche agricole.
Su quest’ultimo assunto la Regione Piemonte ha avviato, con la consulenza il Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino, la definizione di criteri e di linee guida per l’attuazione di alcune Misure del Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020, finalizzate a richiamare l’attenzione sugli aspetti ambientali e della qualità architettonico-paesaggistica degli interventi da finanziare; sarà importante perseguire e monitorare l’obiettivo anche nelle fasi attuative, oltre a creare occasioni per la sperimentazione di interventi concertati tra soggetti pubblici e privati che possano produrre esempi virtuosi anche nei nostri territori.
Massimo Crotti, Istituto di Architettura Montana, DAD Politecnico di Torino