Agitu pastora da Addis Abeba

31 gennaio 2016

Affonda le mani nel bianco del latte cagliato, riempie una a una le ciotole di plastica bucherellate e le dispone su un piano a sgocciolare. Perderanno la parte liquida, verranno girate e messe da parte. Queste caciotte conserveranno la freschezza dell’aria di montagna e i profumi del pascolo, nutrimento che cambia a seconda della stagione. E in cantina avverrà l’ultima trasformazione, grazie a una combinazione alchemica di tempo e umidità.
Dalla primavera all’autunno, questi sono gesti quotidiani per Agitu Ideo Gudeta, che dal 2010 ha avviato un’impresa per l’allevamento delle capre e la produzione di formaggi biologici nelle montagne del Trentino. Si occupa lei di tutto: la mungitura due volte al giorno, all’alba e al tramonto, la produzione e la vendita dei formaggi, porta le capre al pascolo, si assicura che abbiano acqua e cibo a sufficienza, assiste ai parti, che avvengono in modo naturale. Oggi Agitu è considerata tra i produttori di eccellenza nella provincia di Trento. Nel 2015 è stata premiata da Slowfood per la “Resistenza casearia” e ha partecipato a importanti manifestazioni come Expo e Terra Madre, nel 2014.

Agitu è nata ad Addis Abeba nel 1978. Ha scelto di fare l’Università in Italia per curiosità, voleva conoscere il mondo, ma il suo obiettivo era tornare in Etiopia una volta terminati gli studi. Così, appena laureata in Sociologia a Trento, è rientrata nel suo paese e ha avviato un progetto di sviluppo in area rurale, coinvolgendo diverse famiglie contadine. Nel 2010, però, è stata costretta a scappare. La sua vita era in pericolo a causa delle proteste contro il landgrabbing, il fenomeno di esproprio e svendita delle terre da parte del Governo, in favore delle multinazionali, una nuova forma di colonialismo devastante per l’ambiente e le comunità contadine locali.
«Dopo quel duro colpo, per me è stato naturale tornare in Italia. Il Trentino è la mia seconda casa», racconta Agitu, «ma la fuga dall’Etiopia era una ferita profonda da guarire. Dovevo ripartire da zero e farlo subito, per non sprofondare nella disperazione di ciò che avevo perso». Sentiva l’urgenza di creare qualcosa di suo, di positivo, che le desse soddisfazione e facesse del bene alla comunità e all’ambiente. L’idea di allevare le capre è nata quando Agitu ha sentito parlare di una particolare razza, la pezzata mòchena, un tempo molto diffusa in Trentino, ora quasi scomparsa, perché non abbastanza produttiva. Ha provato subito simpatia per questa capra bianca e nera, dal pelo lungo, un po’ tozza, un po’ anarchica, capace di produrre meno latte delle razze selezionate, ma di grande qualità e con meno esigenze, il che rientrava nella sua idea di agricoltura e di sostenibilità.
L’azienda di Agitu, “La capra felice”, è nata in Vallarsa, a Trambileno, con quindici animali. Non era ancora la sua attività principale: si manteneva lavorando in un bar, ma nel frattempo frequentava corsi per imparare a fare il formaggio e diventare imprenditrice a tutti gli effetti. Le sue conoscenze crescevano assieme al gregge, che oggi conta un centinaio di capi. All’inizio mungeva a mano, dal 2015 lo fa a macchina. «Faccio meno fatica, ma mi manca sentire il suono delle mie mani che strizzano le mammelle, il latte che riempie la caraffa trasparente, le capre che mi chiamano, le note di Chopin in sottofondo», dice.
Due anni fa, Agitu si è trasferita a Valle San Felice, una frazione di Mori, in Val di Gresta. Qui il Comune le ha concesso in affitto un appezzamento destinato agli usi civici, perché la sua attività è compatibile con il valore che devono conservare questi terreni per la comunità. Lei, con la sua positività, ha saputo inserirsi senza difficoltà in questo microcosmo. «Lavorare, se fai qualcosa che ti piace, non pesa. Diventa contemplazione», conclude Agitu e spiega: «Osservo l’equilibrio perfetto della mia attività: gli animali pascolano, concimano la terra, danno un latte di altissima qualità e io lo trasformo in un formaggio vivo, non un prodotto qualsiasi. Il gusto è speciale perché lavoro il latte crudo, senza aggiunta di fermenti industriali».
Elisa Cozzarini

www.lacaprafelice.com

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