Un grido d’allarme dai rifugi

29 aprile 2020

Ciao a tutti,
vorrei condividere con voi qualche pensiero. Sicuramente dirò tante cose scontate, alcune sbagliate, altre già dette, ma… abbiate pazienza in questo momento noi rifugisti abbiamo tempo da perdere!
In questi giorni ho letto tante notizie su come la montagna potrà riprendersi da questa pandemia e sul futuro del turismo in alta quota. C’è di sicuro tanta confusione, ed è sicuramente prematuro fare previsioni. Eppure sulle pagine facebook si leggono post di chiunque abbia una propria idea, e come se non bastasse poi arrivano gli articoli dei giornali dove si parla già di un’estate con i rifugi chiusi!
Ora se il Governo riterrà che la nostra categoria sia tanto a rischio da imporci la chiusura, sicuramente la accetteremo con assoluta umiltà e rassegnazione. Ma quello che assolutamente non sopporto è che figure istituzionali che dovrebbero sostenerci, difenderci e aiutarci, siano le prime ad elencare le potenziali grandi criticità dell’accoglienza in rifugio ai tempi del Coronavirus. Si sottolinea la pericolosità della condivisione degli spazi e della condivisione dei servizi igienici in rifugio, ma non mi risulta che uffici pubblici, bar, pizzerie, musei, campeggi si stiano adoperando per offrire un bagno a ogni ospite. E non mi risulta neppure, per fortuna, che altre categorie del settore turistico tipo campeggi, stabilimenti balneari, navi da crociera ed altre offerte estive siano pronte a gettare la spugna annunciando la loro chiusura totale. Perché dovremmo farlo noi rifugisti, allora?

Allo stesso tempo, ancora una volta sui giornali nazionali, si parla di accesso alla montagna con libertà di campeggio e pic-nic ovunque, ma se non siamo capaci di buttare mascherine e guanti nel cestino in città, vogliamo davvero che tutti vadano a far campeggio libero in natura senza nessuno che custodisca il territorio? Mi rendo perfettamente conto di tutte le complicazioni che questa tristissima situazione ci mette di fronte, ma mi rendo altrettanto conto dei consistenti affitti che alcuni di noi rifugisti dovremmo comunque pagare, delle complicate manovre di sanificazione dei locali a cui dovremmo andare incontro, agli approvvigionamenti in elicottero senza sapere il volume di quest’estate, dei contratti stagionali che per ora abbiamo lasciato in sospeso, delle prenotazioni annullate, delle caparre che ci apprestiamo a restituire, e della grandissima paura che alla fine il virus possa venire a bussare anche alla porta del nostro rifugio.

Sono fermamente convinta che chi rappresenta in qualche modo la montagna, invece di gettare la nostra categoria nello sconforto con dichiarazioni affrettate, debba immediatamente adoperarsi a cercare tutte le soluzioni possibili per aiutare le figure professionali del settore turistico non appena sarà possibile riaprire in totale sicurezza. Dovrebbero adoperarsi per fornirci tutte le informazioni e gli strumenti affinché ogni singolo imprenditore possa decidere individualmente se affrontare la stagione estiva o meno. Dovrebbero essere propositivi e non disfattisti, positivi e non allarmisti. Perché non è il momento di sottolineare le difficoltà quanto quello di sostenere chi si adopera avanzando proposte alternative come il distanziamento dei tavoli, I pernotti in tenda, il pranzo da asporto.
Siamo una categoria di persone forti ricche di entusiasmo e passione, e ognuno di noi saprà, a proprio modo, ingegnarsi, adattarsi e reinventarsi. Purtroppo quest’estate ci saranno tanti colleghi in grossa difficoltà, e allora che si cominci ad esempio a pensare di abbassare o azzerare gli affitti. Ci sono tanti piccoli rifugi che magari con un minimo di sostegno riusciranno a salvarsi dal fallimento. Nel mio caso, ad esempio, se invece di servire 100 pasti al giorno con l’aiuto di quattro dipendenti, riusciremo a farne 25 io e mio marito Claudio, riusciremo a tirare fuori lo stesso la rata del mutuo. E ci dispiace per i nostri collaboratori, ma non abbiamo alternative. In Val di Susa quest’estate non avremo i pernotti degli stranieri e le prenotazioni da altre regioni, e con le camere si lavora ben poco, ma per fortuna i torinesi che scarpinano e mangiano ci sono, e cercheremo di accogliere quelli.
La Camera di Commercio e la Città Metropolitana di Torino parlano di grande afflusso estivo nelle valli alpine, e si sono mosse attivando piani di promozione e aiuto al turismo, e magari questa disgrazia alla fine potrà portare anche qualcosa di buono, se cogliamo l’occasione per dimostrare la nostra R-esistenza.
Perché a parte il Primo Ministro Giuseppe Conte nessuno può chiudere la nostra porta.
Un grandissimo abbraccio a tutti con tanto affetto.
Valentina Jorio, www.rifugiolachardouse.it

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