Turismo e architettura

22 dicembre 2017

La Val Pusteria, Pustertal in tedesco, si situa all’estremità est del Trentino-Alto Adige, è lunga quasi 100 km ed è orientata est-ovest segnando il confine con l’Austria. A metà circa della grande formazione valliva, si trova Dobbiaco che costituisce una sorta di spartiacque all’interno della valle: gli affluenti verso est convogliano nel bacino idrografico della Drava e quindi nel Danubio, mentre gli affluenti verso ovest convogliano nella Drava che diventa Isarco e quindi Valle dell’Adige.
Da un punto di vista geografico la Val Pusteria si può considerare come un asse portante sul quale confluiscono a pettine numerose altre valli trasversali: dalla celeberrima valle di Braies alle valli di Tures e Aurina, alla Val Casies, alla Valle di Anterselva, per citare le più famose.

In Val Pusteria, in parallelo ai due grandi centri fortemente legati allo sci di discesa Plan de Corones e Sesto, si sta affermando, anno dopo anno, un turismo legato agli sport invernali, così detti ‘a basso impatto’ o ‘soft’, quali lo sci di fondo o lo sci alpinismo. Se siano davvero soft è una questione aperta su cui ci sarebbe da discutere, perché purtroppo anche questi sport stanno cominciando a risentire dell’artificializzazione già dilagante nello sci di discesa. E forse, anche grazie alla perdita di un certo senso di avventura (accompagnato a dei costi raramente sostenibili) che lo sci alpino sta progressivamente perdendo appeal in favore di altre pratiche sportive quali lo sci di fondo e allo sci alpinismo appunto, o anche alle ciaspole o al winter trekking.
Quasi in ogni valle pusterese vi è la possibilità di praticare lo sci di fondo lungo tutta la sua lunghezza e vi sono poi numerosi collegamenti anche con l’asse principale: si pensi solo che da Dobbiaco sono possibili quasi 160 km di sviluppo continuo di piste, e da qui è possibile risalire la Val Casies, arrivare fino al lago di Braies oppure, verso est, fino a Moso. Inoltre ogni valle si sta specializzando in qualcosa di precipuo: Anterselva è il punto di riferimento per gli appassionati di Biathlon, la Valle di Casies per le gran fondo e per gli itinerari gastronomici, la valle di Braies per presenza del set cinematografico, ecc.

Per quanto riguarda lo sci alpinismo invece, in molte valli, vi sono importanti punti di riferimento per itinerari divenuti ormai delle classiche ascensioni di difficoltà contenute e con un rischio tutto sommato moderato legato alle condizioni nivologiche. In una manciata di anni le Vedrette di Tures, ad esempio, si sono trasformate da zona di confine in meta prediletta da folle di scialpinisti.
La Val Pusteria, grazie quindi a questi due sport che hanno ‘debolmente’ infrastrutturizzato il territorio, si è silenziosamente ri-strutturata a tutte le quote. Le infrastrutture sono ‘leggere’, in quanto sono quasi totalmente reversibili in periodi in cui la neve è assente. Ma quello su cui è davvero interessante porre l’attenzione è la trasformazione delle strutture di queste valli. In conseguenza allo sviluppo delle piste è stato creato un sistema di accoglienza diffusa. Lungo le piste o le tracce, infatti, sono sorti numerosi b&b, pensioncine, agriturismi, hotel, ristorantini, rifugi, ecc.. pronti ad accogliere gli sciatori fornendo dai servizi base a servizi più esclusivi (es: presenza di spa) e stupisce che, generalmente, siano state adattate strutture esistenti sia con interventi di recupero minimali, sia con aggiunte un po’ più importanti, ma mai da stravolgere la piccola scala dell’intervento e quasi sempre rispettando le tessere paesaggistiche delle valli.
La capillarità di queste piccole ricuciture ha trasformato l’identità delle valli pusteresi: da una vocazione prettamente rurale con grandi poli turistici ad una vocazione mista, turisticamente più diffusa sul territorio, meno concentrata. Da un futuro economicamente e socialmente incerto ad un futuro più vantaggioso e sostenibile. Ecco che i contadini di una volta, oggi sono diventati maestri di ospitalità.
Nel periodo estivo, questo patrimonio non viene perso, anzi, proponendo quelle attività classiche della stagione, Mtb, equitazione, nordic-walking, ecc, si accede ad una doppia stagionalità in grado di attirare in particolar maniera nuclei famigliari in fuga da località più inflazionate e caotiche.
Una delle domande che queste realtà incominciano a porre, potrebbe essere se ha senso ancora pensare ad infrastrutture statiche per un singolo sport, o se sia meglio pensare a strutture multiple. Se abbia senso ancora infrastrutturare in maniera monoculturale un territorio, in vista anche di possibili cambiamenti climatici, o se si debba pensare fin da subito ad interventi reversibili: ovvero se tutto sommato delle situazioni più integrate nel territorio siano in grado di essere più attrattive nei prossimi anni e in grado di rispondere a domande in continua evoluzione.
Margherita Valcanover

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