Salutami il Sasso

31 gennaio 2016

Roberta Zanini, Salutami il sasso, Terre Alte-Dislivelli, Franco Angeli Editore 2015

Salutami il sasso, settimo volume della serie Terre Alte dell’associazione Dislivelli edito da Franco Angeli (2015), presenta il resoconto di un’indagine etnografica condotta nel 2011 a Macugnaga (VB) nell’ambito di una ricerca di dottorato in Scienze Antropologiche svolta dall’autrice, Roberta Zanini, arricchito dalle evoluzioni più recenti che ne consentono di avere uno sguardo molto attuale.
Il Sasso è la montagna per eccellenza dei macugnaghesi, il Monte Rosa, che con la sua parete est sovrasta gli abitati e che, anche al di là di una vicinanza fisica, resta il punto di riferimento per qualsiasi persona originaria della valle.
Il sottotitolo, “Dinamiche della popolazione e della memoria in una comunità alpina di confine”, consente di comprendere il filo conduttore della ricerca, che è poi un interrogativo: si compenetrano, e se sì, come si influenzano il flusso demografico (e quindi il susseguirsi di “abitanti”) e la memoria – costruzione che deriva dall’insieme delle singole memorie ma che non si limita alla sommatoria di queste – in uno spazio abitato da secoli che si è nutrito di rapporti non solo con il piano ma anche con le altre montagne, soprattutto quelle al di là del confine?
Dal punto di vista demografico, l’approccio micro della metodologia antropologica ha permesso di svelare e comprendere i cambiamenti in atto, sfatando l’immagine cui siamo stati abituati per anni, quella della montagna in declino e soggetta a “franare” a valle. Già storicamente, in questi territori, si sono osservate ricomposizioni demografiche, di cui quella attuale si situa all’interno del più ampio quadro di un’inversione di tendenza allo spopolamento della seconda metà del Novecento, segno ancora più forte che nell’epoca contemporanea montanari non si nasce bensì si diventa. E come si diventa montanari in una comunità, quale quella di Macugnaga, che pur coinvolta nella storia delle Alpi degli ultimi 70 anni, ha mantenuto abbastanza stabile il numero di abitanti non producendo completamente spazi vuoti?
Lo si fa articolando la propria memoria in scale differenti che vanno dal privato al pubblico, con un uso più o meno inclusivo di questa, capace di plasmare “confini” simbolici, sociali e culturali, oltreché geografici. Sta allo studioso individuare le connessione di un concetto borderline, che per la sua complessità può a tratti essere sostituito da quello di patrimonio culturale pur non esaurendosi in esso, cercando di rispondere a tre domande: la memoria di cosa, per chi e di chi.
Se effettivamente è riscontrabile una certa stabilità nelle fonti statistiche demografiche, è pur vero che l’invarianza nei numeri nasconde fenomeni di ricambio della popolazione.
Dopo lo studio delle motivazioni che hanno spinto nuova popolazione a risalire la Valle Anzasca, Zanini si sofferma sulle articolazioni del patrimonio culturale immateriale locale e dei suoi protagonisti.
Al caleidoscopio di memorie locali che tentano una trasmissione mediante i canali del patrimonio culturale contribuisce prima di tutto l’appartenenza storica alla popolazione walser, gruppo di ceppo alemannico stanziatosi nelle valli dell’Ossola a partire dal basso Medioevo. In secondo luogo, si riscontra la memoria del passato minerario, che ha contribuito al permanere in valle di numerose famiglie ma che ha anche segnato tragicamente la storia di molti, per via della durezza delle condizioni lavorative nelle miniere d’oro della valle.
Infine, emergono altri mestieri della montagna, dal contrabbandiere alla guida alpina, anch’essi plasmatori di memorie.
L’articolazione di queste e l’uso differente che se ne fa in Macugnaga e da parte dei macugnaghesi di nascita e d’adozione sono analizzati nella loro introversione o estroversione, facendo emergere tuttavia un referente simbolico e neutro alla base di tutto: il Rosa, unico elemento capace di tenere insieme passato e presente.
Maria Anna Bertolino

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