Rifugio La fontana del Thures: Valle di Susa

28 febbraio 2013

La fontana del Thures
Frazione Thures, Cesana (To), 1684 m slm
Tel. 0122 845156
www.rifugiothures.it
fontanadelthures@libero.it

- Apertura: sette mesi l’anno (15 giugno/15 settembre e 15 dicembre/15 aprile)
- Posti letto: 25 (camere da 4, 5 e 8 posti).
- Servizi: bar, ristorante, guida gratuita per gruppi di almeno 15 persone

Il Rifugio si trova a Thures (1684 m), la più grande delle borgate della Val Thuras (Alta Valle di Susa). Il villaggio è di grande interesse per la sua particolare tipologia costruttiva (riscontrabile nelle valli Troncea ed Argentera e nel confinante Queyras) caratterizzata da costruzioni in pietra sovrastate da imponenti strutture in legno e da coperture realizzate con scandole di larice. L’edificio utilizzato per il Rifugio è situato nella piazzetta del paese, proprio di fronte alla fontana ottagonale datata 1623, e che porta scolpiti nella pietra i simboli del Delfinato, antica provincia francese che un tempo si spingeva fino all’Alta Valle di Susa. La costruzione dell’edificio del rifugio risale al 1714 e l’abitazione è stata ristrutturata negli anni 90 con un intervento che ha conservato tutte le strutture e le murature possibili, e ripristinato quelle inutilizzabili con i medesimi materiali e le stesse tecniche.

«All’inizio degli anni ’90 l’esperienza di fabbrica volgeva al termine – racconta Mattia Colavita, il gestore del rifugio “La fontana del Thures” –. All’epoca ero metalmeccanico presso l’Itt di Beinasco, a Torino. E dopo essere stato espulso dalla fabbrica abbiamo deciso di acquistare una struttura da ristrutturare nella borgata Thures, per farne un rifugio». Prima una ditta di Bardonecchia ha consolidato la struttura, poi Mattia assieme a un professionista di Pragelato ha attuato un attento lavoro di recupero dell’edificio con materiali e tecniche tipiche del luogo. «Abbiamo aperto nel 1994 come posto tappa Gta. E nel giro di pochi anni siamo diventati un punto di riferimento per scialpinisti ed escursionisti». Obiettivo dichiarato del Rifugio, fin dall’inizio, era di diventare una struttura ricettiva conosciuta per poi potersi collegare in rete con altre realtà vicine, sia in Francia che in Italia. Di modo da poter offrire agli ospiti uno sguardo a 360 gradi sul territorio circostante. «Pur non essendo inseriti in grossi anelli escursionistici – spiega Mattia – nel ‘96 siamo entrati a far parte di Catapulta, un’associazione di Gîte d’étape francesi. E poi siamo tra i soci fondatori della sezione locale dell’Agrap, associazione di rifugisti della Valle di Susa, con la quale stiamo cercando tra le altre cose di creare un gruppo di acquisto solidale».
L’importanza delle reti, su cui Mattia e la sua famiglia hanno puntato fin dall’inizio della loro avventura in alta Valle di Susa, non è solo finalizzata all’offerta escursionistica per i propri clienti. Ma anche alla costruzione di ponti con le realtà locali a livello culturale, paesaggistico, economico e sociale. «Una cosa importantissima è riuscire a far conoscere il territorio ai nostri ospiti» spiega Mattia. «Perché la Valle di Susa ha delle ricchezze uniche ed è un territorio da valorizzare, anche oltre lo sci da discesa. E se ad esempio a un cliente piace particolarmente la toma d’alpeggio che gli servo, lo invito ad andare direttamente dal malgaro a comprarne un altro pezzo».
Secondo Mattia chi gestisce delle strutture di ricezione in montagna deve avere un’etica che gli permetta di portare avanti la sua attività commerciale in modo sostenibile, senza arrecare danni all’ambiente. «E purtroppo non tutti i nostri colleghi ce l’hanno. Noi su questo forse siamo un po’ integralisti. Ma tu gestore sei tenuto a scegliere cosa puoi e non puoi fare. E a un certo punto, se pensi non sia giusto, ti devi opporre. Noi ad esempio ci siamo opposti all’eliski. Mentre alcuni colleghi addirittura usano la motoslitta per portare la gente a mangiare. Altri l’elicottero. Noi addirittura non ospitiamo per principio trialisti, fuoristradisti, crossisti e tutti quelli che vanno a scorrazzare con mezzi a motore sui prati. Sono scorciatoie che a lungo andare danneggiano tutti. Gli animali scappano, l’inquinamento e il rumore aumentano. E i clienti che ci interessano veramente non tornano più».
Mattia ha due figli che hanno completato i loro studi a Torino. E ora Ferruccio, che si è laureato in agraria, vive a Thures con lui da quattro anni e, insieme alla fidanzata, dà una mano a gestire gli orti e coltiva genepì, che vende in busta e infuso ai clienti «E mi auguro che un domani sia proprio lui a portare avanti l’attività. Perché se si vuole mantenere un certo livello nell’offerta c’è sempre qualcosa di meglio da fare».
Maurizio Dematteis

Commenti: 1 commento

  1. roberto lanati scrive:

    Sono stato uno dei tuoi primi clienti, tante volte sono tornato e tornerò.
    Mattia sei un grande ce ne vorrebbero come te e le montagna girerebbe per il verso giusto. Un abbraccio.

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