Pizza d’alpeggio tra Walser, wwoofers e montanari per scelta

5 ottobre 2017

C’è chi la chiama “Vita Pura”, dal nome della Società cooperativa agricola che opera sul territorio fornendo latte e formaggi di capra, verdura, frutta, pane e cereali. Per qualcun altro è “Otro Elements Expedition”, in linea con le esperienze di eco-turismo promosse dal medico olandese Raymond (www.otro-elements.it) che dal 2010 è un montanaro per scelta. Per le popolazioni walser che nel XIII secolo si stabilirono in questa vallata era “Weng”, frazione di Olter/Otro in Alta Valsesia. Poi è “Uengh”, pronuncia all’inglese, per i wwofers provenienti da ogni parte del mondo grazie all’organizzazione mondiale Wwoof, ospitati nelle baite della frazione in cambio di un aiuto nella falciatura a mano. Infine è “il paesello” per gli storici frequentatori che fin dalla prima ondata di ripopolamento alpino negli anni ’80 ne coltivano i campi a segale e patate.
Tanti nomi per identificare una sola frazione montana a 1715 metri d’altezza, situata nella Val d’Otro, territorio del Comune di Alagna Valsesia, in Provincia di Vercelli, che nel corso degli ultimi anni ha subìto un processo di ripopolamento da parte di una complessa collettività multiculturale e intergenerazionale. Fornendo indizi di una vera rinascita, quindi, il caso di Weng contribuisce a contrastare quell’immaginario di Alpi arretrate, inaccessibili, statiche. La stratificazione culturale di questa valle, infatti, ha conosciuto diverse fasi di oblio ma non ha mai smesso di raccontare storie d’integrazione, modernità, innovazione e accoglienza.

Ci sono discendenti diretti walser e walser per scelta, montanari per nascita o per vocazione, wwoofers per una stagione o due, neo-rurali, montanari di ritorno e semplici nuovi abitanti provenienti dalle città che, stufi di non vedere le stelle alzando gli occhi al cielo di Milano, si sono trasferiti qui. La forza che lega questi individui non è più solamente una vicinanza territoriale, linguistica, genealogica, culturale o professionale, bensì un senso di appartenenza volontaria e consapevole.
L’ho raccontato nel volume “I nuovi pellegrini delle Alpi”, edito da Meti Edizioni (2016), una ricerca etnografica intensiva di campo che ho condotto a partire dal 2013 con l’obiettivo di dare voce ai singoli membri di questa resiliente collettività montana. Teatro delle azioni quotidiane sono pascoli, prati e campi coltivati che, oltre a permettere l’autosostentamento di Weng, fanno da cornice alle cinque baite walser della frazione. Al loro interno, chi sceglie un letto di paglia, chi di argilla e segale, chi di semplice legno, ognuno trova il suo nido per la notte; nella grande cucina comune, attorno alla stufa economica su cui bolle sempre della tisana di erbe di montagna, si sperimentano stili di cucine internazionali, si essiccano achillea e piantaggine per l’inverno, si imparano nuove lingue, si leggono libri di Goethe e Foucault e si imparano nuovi metodi per produrre forme di caprini; al centro della frazione la presenza di un grande forno a legna walser permette di produrre ottimo pane biologico e pizze di farine integrali su cui si fondono ingredienti olandesi e cileni, a simboleggiare la nuova sintesi culturale di Weng; la fontana frazionale con un ampio prato davanti funge da piazza in cui ritrovarsi per svolgere svariate attività: dal lavaggio dei bidoni del latte, alle lezioni di tai chi, alla raccolta del fieno e della legna.

Perchè “pellegrini”? Perché scegliere la montagna non comporta solo le gratificazioni di una vita sana, semplice e genuina, ma significa affrontare le difficoltà di giornate faticose a contatto con il vento, la pioggia, il sole e la terra, che è “sempre troppo bassa con la zappa in mano”, come riporto nel libro. Alla base del pellegrinaggio vi è la costante ricerca, quindi il cammino verso un santuario di depurazione, a cui si giunge solo dopo aver percorso i ripidi e tortuosi sentieri di montagna, aver fatto nuove tracce nella neve fresca, aver raccolto la legna per scaldarsi nella notte. A Weng si trovano individui che investono nella loro scelta con intenzionalità, attenti a stabilire un legame autentico con i luoghi di vita attraverso un lento processo di permanenza e appartenenza alla rete territoriale che li circonda. Questi nuovi abitanti si candidano così in qualche modo a essere nuovi custodi della socio e biodiversità delle Alpi.
Giulia Mascadri

Per approfondimenti: Giulia Mascadri, “I nuovi pellegrini delle Alpi”, Meti Edizioni, 2016

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