Non abbandoniamole più!

6 settembre 2014

Il ritorno alla montagna è uno tra i temi più attuali e trattati dagli addetti ai lavori. Tanto che negli ultimi decenni è stato in parte eroso il pensiero urbanocentrico, il quale, fino al secolo scorso, poneva la montagna in condizione subalterna rispetto alla città e ha innescato un meccanismo che si è andato a ridurre al mero turismo di massa.
Proprio in quest’ottica illuminata, di ritorno alla montagna, diventa strategico il discorso del riuso delle borgate abbandonate, affinché, forti della loro cultura intrinseca, non subiscano il logorio inflitto dal tempo e dalla non curanza. La prima cosa da tener presente è che l’architettura montana e di tipo spontaneo, cioè non ha un progetto predefinito e pre-ordinato che stabilisca a priori un disegno unitario, ma è frutto di un processo di adattamento lento, della negoziazione continua tra gli abitanti in merito a spazi pubblici e privati. Tale concetto esplicita la presenza di regole insite in tale tipologia di architettura: sotto uno sguardo attento la struttura di un villaggio palesa le necessità quotidiane dei propri abitanti e ogni scelta è dettata dalla ricerca di superamento di limiti e vincoli territoriali e naturali.

Ogni edificio, dunque, risulta essere strettamente integrato con il villaggio nel suo complesso a discapito di una propria autonomia compositiva. Ed è da questo elemento che bisogna partire prima di ipotizzare qualsiasi intervento, calandosi nelle logiche insediative e distributive, sociali e motivazionali che hanno portato alla connotazione odierna. Solo allora sarà possibile pensare a nuovi usi che permettano la rivitalizzazione del complesso costruito e del suo intorno.
D’altra parte, sempre pensando al riutilizzo di una borgata, bisogna fare i conti con il fatto che, in linea generale, è complicato e poco lungimirante riproporre la destinazione d’uso originale fondata integralmente sull’agricoltura e sull’allevamento. Oggi tali funzioni dovranno essere affiancate da soluzioni che movimentino i flussi, gli spostamenti di un turismo mirato, a favore dei “nuovi montanari” o di coloro i quali si mostrino inclini al rispetto di questo ambiente.
Il nuovo montanaro non è nient’altro che colui che si interfaccia a questo ambiente in punta di piedi, che comprende la montagna e il suo valore intrinseco. Ed è proprio nel rispetto della montagna e di coloro che intendono riavvicinarsi ad essa che occorre che le proposte architettoniche e di riuso dei fabbricati rurali abbandonati siano attente ed oculate.
Il turismo cui ci si avvicina attraverso tali forme di recupero è sicuramente una soluzione definibile “di compromesso” tra tradizione e innovazione, al fine di ottenere proposte progettuali che mirino a un connubio tra passato e presente, senza alterare la percezione del sito, ma conferendone valore aggiunto. Le funzioni pensate non si riferiscono solamente al turismo, bensì si auspica un ritorno alla montagna da parte di coloro che vogliono vivere in tale contesto in modo costante, dodici mesi all’anno.
Il sostentamento quotidiano dei possibili residenti potrebbe sopraggiungere dalla suddetta funzione turistica, ma anche da un’agricoltura e da un allevamento rivisitati, basati su tecniche moderne, come accade già in alcune borgate in Italia.
Come possono essere nuovamente fruibili luoghi abbandonati da decenni, costituiti spesso da fabbricati sopraggiunti allo stato di rudere, con vie d’accesso minate da crolli e dissesti? Difficile rispondere. Perché occorre un progetto mirato, basato sul caso specifico che tenga conto di molteplici fattori e risponda a problemi diversificati. Quello che risulta chiaro, però, è che se si prende in considerazione il reinsediamento è necessario prevedere opere di ristrutturazione e garantire un elevato livello di comfort per gli ambienti ad uso abitativo. Questo avviene attraverso una particolare attenzione alla sostenibilità, connessa, pertanto, alla reinterpretazione della riqualificazione edilizia e, contemporaneamente all’intento di garantire un alto livello di efficienza energetica ai fabbricati recuperati e in progetto.

Tutte questioni discusse e approfondite nella nostra tesi di Laurea Magistrale dal titolo “Vivere la montagna: un progetto per la borgata di Pequerel”. Una località raggiungibile con mezzi a motore solo nella stagione estiva, a 1.713 metri di altitudine, nel Comune di Fenestrelle (Val Chisone, Provincia di Torino). Si tratta di un luogo panoramico e affascinante, a due passi dal famoso Forte di Fenestrelle, nei pressi del Parco Orsiera Rocciavrè. Un esempio, come molte altre borgate simili, di potenzialità non valorizzata del territorio alpino. Il nostro progetto di rifunzionalizzazione si è incentrato in particolar modo sul tema del risparmio energetico e si sono cercate tecniche costruttive e materiali in grado di incentivare il recupero della filiera produttiva locale, così da permetterne in futuro anche una ripresa economico-produttiva.
Tiziana Rocca e Alice Rostagno

Per saperne di più è possibile contattare le autrici: rocca.tzn@gmai.com, rostagnoalice@gmail.com

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