Narrare attraverso l’architettura

5 febbraio 2019

È dal 2009, anno della sua rifondazione, che il centro di ricerca Istituto di Architettura Montana del Politecnico di Torino (Iam) – con le sue attività di ricerca e di didattica e attraverso una continua attività di divulgazione scientifica nell’ambito delle discipline del progetto (fatta anche attraverso la rivista internazionale ArchAlp) – è impegnato nella messa a punto di nuove narrazioni delle Alpi contemporanee al fine di promuovere visioni inedite del territorio, nell’ottica di una sua risignificazione e di una sua nuova abitabilità.


Trasformazione stalla in Val Bregaglia (Grigioni), architetto Armando Ruinelli, 2018


La cultura architettonica contemporanea ha dimostrato negli ultimi anni – attraverso i progetti realizzati, le ricerche svolte e, non ultime in ordine di importanza, le numerose iniziative culturali promosse – come le Alpi costituiscano un fertile terreno di sperimentazione in cui si è tentato di ricucire alcune questioni che nella modernità urbana erano state trattate come contrapposizioni: spazio urbano e spazio naturale, città e ambiente, patrimonio e innovazione, trasformazione e conservazione, ecc., ottenendo talvolta un effetto contrario a quello di una reale valorizzazione delle risorse alpine.
Le Alpi sembrano mostrare oggi una rinnovata capacità di sintesi che cerca di intrecciare la diversità e l’eterogeneità dei fattori compresenti facendo intravedere nuovi modelli di sviluppo e di abitabilità che sembrano basarsi principalmente su due elementi cardine che guidano le pratiche innovative di reinsediamento delle montagne: una più consapevole integrazione tra gli aspetti insediativi e ambientali ed una maggiore attenzione ai temi del riuso del patrimonio edilizio esistente.
Per quanto riguarda il primo aspetto, sembrano emergere progettualità indirizzate all’uso di modelli insediativi e architettonici sempre più attenti alle peculiarità dei luoghi e della sostenibilità intesa in senso lato, non solo in termini di “efficienza” energetica ma anche dal punto di vista paesaggistico, culturale, economico e sociale. Ciò si traduce ad esempio in un uso delle tecnologie di efficienza energetica integrato con i temi del paesaggio e del recupero o ancora nell’uso di materiali e tecniche costruttive attente alle filiere di produzione locali.
Il secondo aspetto implica invece una nuova attenzione per il riuso di tutto quel vasto patrimonio costruito, con caratteristiche e gradi di operabilità estremamente diversificati ma che costituisce l’ossatura delle pratiche di modificazione del territorio alpino: villaggi e versanti in abbandono, seconde case sottoutilizzate, resort turistici in obsolescenza, impianti industriali di fondovalle dismessi, ecc. Un approccio dunque lontano da una immobilistica “patrimonializzazione” dell’heritage alpino a favore invece di una visione progettante che lo vuole pensare come un presidio del territorio pronto ad accogliere nuove attività, nuovi valori, nuovi significati.
Questi due elementi, letti come vettori di una politica di reinsediamento, possono contribuire a far tornare il contesto alpino un luogo di vita e di lavoro grazie soprattutto alle peculiari opportunità che questi territori possono offrire: qualità architettonica ed ambientale, disponibilità di oggetti da trasformare, concorrenzialità dei valori immobiliari delle aree marginali rispetto a quelle urbane. Il lavoro culturale e comunicativo che si sta facendo con queste nuove narrazioni mira dunque alla promozione della qualità architettonica quale elemento a nostro avviso centrale nelle politiche territoriali ed economiche alpine. Esso contribuisce altresì alla diffusione di una maggiore consapevolezza su una serie di temi di lavoro che saranno centrali per coloro che si occupano di progetto e territorio in senso lato: la stratificazione storica del tessuto edilizio, il rapporto tra vecchio e nuovo, le peculiarità architettoniche ed artistiche e le configurazioni morfologiche degli insediamenti storici, la reinterpretazione dei materiali e delle tecniche costruttive della tradizione, la gestione dei rischi naturali.
Roberto Dini

Info: www.polito.it/iam

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