Migranti economici nelle Alpi Svizzere

18 luglio 2017

La migrazione verso le zone urbane è studiata da anni: si sa poco invece sulla vita dei migranti nelle zone rurali e turistiche delle Alpi Svizzere. La ricerca etnologica qualitativa che ho condotto fornisce dei primi risultati sulla valutazione della propria esperienza data dai migranti in due regioni del cantone dei Grigioni. Come giudicano il loro margine di manovra e le loro opzioni rispetto al costruire un progetto di vita? Quali strategie applicano? Per rispondere a queste domande, ho realizzato numerose interviste semi-strutturate con migranti di vari Paesi, diversificati per motivo di immigrazione e per durata del loro soggiorno nella regione.

La regione turistica dell’alta Engadina
L’alta Engadina è fortemente caratterizzata dalla dimensione turistica, che determina la vita di tutti gli abitanti. Le stagioni turistiche strutturano l’intero anno. Durante l’alta stagione, l’intensità di lavoro degli occupati nel settore del turismo, che sono in gran parte immigrati stranieri, è elevatissima. Non rimane praticamente tempo per gli interessi personali. La vita sociale è ridotta al minimo. D’altra parte, questo sistema stagionale ha i suoi vantaggi per chi lavora nel settore: nella bassa stagione, infatti, si può compensare tutto quello che manca in questa regione turistica e “periferica”. I migranti possono ritornare al loro Paese d’origine, prendersi cura dei loro parenti e della loro casa. C’è il tempo per incontrare gli amici, in Engadina o altrove. Si può viaggiare verso regioni più calde o godere della vita culturale delle metropoli europee. I migranti sembrano essersi adattati a questa vita polarizzata, fatta di lavoro intenso durante alcuni mesi e di vacanze lunghe in mezzo, e hanno sviluppato strategie di compensazione.
Il settore turistico è una buona porta d’ingresso al mercato del lavoro svizzero per i migranti, come dimostra l’elevata concentrazione di stranieri residenti in alta Engadina, pari a ben il 34% della popolazione residente. I posti di lavori offerti dal settore sono spesso non-qualificati ma tutte le persone che ho intervistato hanno trovato lavoro in pochi mesi: alcuni sono riusciti a fare una “carriera di lava-piatti”, cominciata nella cucina di un albergo e, dopo alcuni anni di grande dedizione, culminata nell’essere diventati imprenditori indipendenti. La destinazione turistica offre specifici segmenti di business: i migranti di successo hanno saputo scoprirli e investire su di essi: hanno aperto un’impresa di pulizie, oppure un negozio di frutta e verdura; offrono guide culturali, pubblicano libri sugli artisti regionali o sono responsabili del programma culturale di un grande albergo.
Però, certamente ci sono anche gli svantaggi: proseguire un percorso di formazione ulteriore è molto difficile per chi lavora nel settore turistico. Durante l’alta stagione non è possibile studiare part-time: il carico di lavoro è troppo alto e le istituzioni di formazione sono troppo lontane da questa regione, collocate al nord delle Alpi. Inoltre, i corsi sono normalmente in tedesco mentre la lingua franca usata in Engadina è l’italiano. La maggioranza dei migranti in questa regione è portoghese o italiana, e questo fatto rappresenta un ostacolo quasi insormontabile. Un’altra difficoltà è costituita dall’alto costo della vita rispetto allo stipendio medio di un lavoratore immigrato: l’infrastrutturazione del territorio e l’offerta dei servizi sono indirizzati quasi esclusivamente alla ricca clientela di destinazioni di lusso come St. Moritz. Gli abitanti della zona, indipendente della loro provenienza, fanno spese altrove, in Italia o al nord delle Alpi, nella capitale grigionese Coira. Questo produce una diffusa percezione di non essere considerati a livello locale: “Si dimenticano che anche noi siamo consumatori”, mi ha detto un’intervistata.
Le difficoltà economiche sono poi state accentuate con l’accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e i Paesi dell’Ue: da allora è permesso il ricongiungimento familiare che, oltre ad avere ovviamente un lato positivo, ha aumentato però i costi della vita. In una famiglia immigrata con figli, entrambi i genitori devono lavorare e sorgono grosse difficoltà rispetto alla cura dei figli, che devono essere integrati nella scuola svizzera.

La regione “periferica” rurale Avers / Schams
Queste due valli si trovano nel centro-sud dei Grigioni e sono caratterizzate da un’economia centrata sull’agricoltura di montagna e da bassa densità di popolazione, con il 13% di stranieri residenti rispetto al totale. Molte persone sono impiegate fuori dalla regione, per mancanza di lavoro in loco. Per i nuovi arrivati, il contatto personale in paese è inevitabile e spesso è un fattore positivo: aiuta nella ricerca di lavoro e le questioni amministrative possono essere risolte in modo informale, sulla piazza o nel ristorante. Chi però si fa notare, realizzando attività differenti da quelle tradizionali, si trova a soffrire una forma rifiuto collettivo da parte del paese.
Ma come si trova una occupazione in un posto da cui tanti emigrano proprio per carenza di lavoro? «Io sono qua, lavoro con quello che c’è», ha dichiarato un intervistato. Come anche nel caso dell’Engadina, i migranti cercano spazi vuoti dove possono applicare il loro potenziale. Spesso una sola persona esercita attività diverse. L’agronomo tedesco lavora come pastore, ma anche come giornalista e fotografo e fornisce ”computer support”. L’informatico italiano invece vive una vita “multilocale”: durante la settimana abita nella sua casa di vacanze nello Schams, lavora nel Principato del Liechtenstein e ha delle video-conferenze con business-partner nel mondo intero. La sua famiglia abita in Lombardia e si scambiano visite regolarmente. Partecipa alla vita comunale, dando lezioni di pianoforte e suonando l’organo nella chiesa. Anche questa regione rurale permette dunque possibilità di vita tra le più diverse e variabili.
La regione “periferica” non è alla fine tanto periferica. Al contrario, come alcuni intervistati enfatizzano: «Noi non viviamo nella periferia, siamo al centro dell’Europa, in mezzo alla via di transito Nord-Sud». Questa dichiarazione trova una conferma se si analizza il raggio di azione dei migranti: non è lo spazio geografico che determina la loro vita. La loro vita avviene in uno spazio sociale che si apre fra differenti luoghi, geografici e virtuali. La collocazione in questa regione “periferica” si rivela essere un vantaggio. In poco tempo si può raggiungere tanto Milano quanto Zurigo e si rimane in contatto con amici e parenti, che quando sono in transito si fermano volentieri per una visita. La periferia è un concetto relativo.
Flurina Graf

Provenienza poplazione residente Grigioni 2016


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