Mettere i servizi ecosistemici al centro

7 giugno 2019

L’Italia a fronte di una marcata vulnerabilità del territorio (interessato da vaste aree a rischio frana e dissesto idrogeologico) possiede le potenzialità di un paesaggio unico al mondo, dove in 250 km circa nell’area peninsulare più larga (da Ancona all’Argentario) cambiano dialetti, prodotti, paesaggi e biodiversità almeno ogni 50 km. Questo territorio, dopo aver vissuto un lungo periodo di inurbamento, a partire dagli anni 50 e 70, ha successivamente assistito a una ricolonizzazione progressiva delle fasce collinari e montane, caratterizzata dal ritorno dei parenti dei vecchi proprietari ormai diventati animali urbani, e quindi con esigenze cittadine in aree vocate ad altro. Parallelamente un’onda montante di giovani desiderosi di lavorare e sperimentare una nuova agricoltura, ha creato 55mila aziende agricole guidate da under 35. Tanto che l’Italia è al vertice dell’Unione europea per la presenza di giovani nell’agricoltura, con aziende agricole vaste (con superficie superiore di oltre il 54 per cento alla media), un fatturato più elevato (75 per cento più della media del settore), e con il 50 per cento di lavoratori occupati in più della media per azienda (Cappellini, il Sole24ore, 05/05/2018).

Queste sono alcune delle azioni e dei processi che si sviluppano e interagiscono con  il Capitale naturale, ma la scarsa consapevolezza della sua plurifunzionalità e la settorialità con cui viene gestito ne minano le potenzialità e il valore. Oggi però grazie all’approccio della valutazione dei  Servizi ecosistemici (Se), paradigma ecologico-economico che risponde ai temi dello sviluppo sostenibile, una parte del territorio definito può fornire servizi ad un contesto più ampio che ne fruisce più o meno consapevolmente. E a supporto ulteriore di questo approccio, vi sono i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, che sottolineano come le economie e le società siano parti incorporate e dipendenti della biosfera e dalle sue risorse (Folke et al. 2016). Alla base di società ed economia ci sono gli obiettivi di funzionalità degli ecosistemi terrestri e acquatici (14 Vita sott’acqua; 15 Vita sulla terra) e gli obiettivi di qualità (6 Acqua pulita e servizi igienico-sanitari) attraverso azioni di adattamento al cambiamento climatico (13 Lotta contro il cambiamento climatico).

Il funzionamento del sistema, quindi, è garantito da questi Se, funzioni di regolazione e di supporto alla vita che sono l’architettura fondamentale e funzionale delle “unità di lavoro”, ovvero gli ecosistemi (Elmqvist et al 2011), che formano il motore del Capitale naturale, la cui azione favorisce l’erogazione degli altri servizi (di approvvigionamento e culturali). Tale visione prevede una ri-centralizzazione della natura nelle scelte di sviluppo future e l’individuazione di soluzioni alternative che siano al tempo stesso efficienti ed economicamente convenienti attraverso le Nature-based Solutions (AaVv, 2015), in un approccio pluridisciplinare ed integrato (Santolini e Morri, 2017). La mappatura e valutazione biofisica ed economica dei SE è il punto di partenza per la definizione di nuove politiche integrate nel governo del territorio (es. Acque e Foreste), finalizzate alla tutela degli ecosistemi, alla valutazione del danno nonché al contenimento e buon uso della risorsa suolo, con l’obiettivo del migliore adattamento ai cambiamenti climatici. In questo nuovo paradigma, l’uso sostenibile delle risorse significa migliorare il benessere umano (Mea 2005), riconoscere chi aiuta la natura a dare e chi invece la usa, prevedendo che tale concetto, da cui dipende il genere umano (BES-Istat 2016), promuova la formazione di legami significativi tra le persone e la natura.
Riccardo Santolini, Università Urbino, Comitato Nazionale per il Capitale Naturale

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