La spesa montana all’esame di coscienza

2 marzo 2012

Presso la Regione Piemonte funziona un organo importante e benemerito che si chiama Nuval (Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici), il quale ha chiesto all’Ires Piemonte uno studio su come la Regione ha speso i soldi per la montagna nella programmazione 2000-2006 e con quali risultati. Come noto, l’auto-valutazione non è una pagella con i voti, non serve a premiare o punire. È invece un esercizio simile all’antica pratica dell’esame di coscienza di pitagorici, ebrei e cristiani (dunque radicato nella nostra cultura), che aiuta a fare meglio imparando soprattutto dai nostri errori.

Lo studio, curato dal nostro socio Stefano Aimone, risponde pienamente alle esigenze scientifiche richieste da un esercizio del genere, perché se si vuole capire che cosa si potrebbe fare di più e meglio, occorre analizzare con precisione che cosa si è fatto e come. Il lavoro apparentemente ha un limite, perché riguarda cose di 5-10 anni fa, ma chi ha seguito le vicende dell’ultimo quinquennio sa che, nel bene e nel male, da allora le cose non sono molto cambiate. Infatti lo studio può ragionevolmente concludersi con alcune raccomandazioni importanti per la prossima programmazione (2014-2020).

Iniziamo col dire che il periodo prescelto per questa verifica è un po’ particolare, perché comprende la vicenda olimpica. Se prendiamo l’insieme delle politiche analizzate (cioè quelle specifiche per la montagna più le altre che hanno avuto particolare rilevanza per tali territori), vediamo che esse hanno riguardato complessivamente interventi per 6,8 mld di euro, di cui 2,6 mld (il 39%) sono andati alla montagna (qui fatta corrispondere con il territorio complessivo delle comunità montane). Di questi il 45% è andato a finanziare le opere olimpiche e si è concentrato per il 74% (0.9 mld) nelle valli di Susa e Chisone. E tolta la spesa olimpica, alla montagna sono andati 1,4 mld di euro.
Una cartina che illustra la distribuzione di questi soldi tra le comunità montane, mette in evidenza notevoli  differenze tra loro (comprese all’incirca tra 500 e 4000 euro per abitante). In generale questa differenza dipende dalla capacità dei territori di fare progetti diversificati, attrarre risorse e spenderle. Essa, nelle Alpi, è maggiore nelle valli con buon sviluppo interno alla catena (specie quelle della provincia di Cuneo e la Valle di Susa) e minore in quelle brevi affacciate sulla pianura. Forse anche perché qui il minor bisogno aguzza meno l’ingegno, ma sta di fatto che l’area appenninica e sub-appenninica, non particolarmente povera, è tutta sopra la media.

Nell’insieme la montagna mostra una certa bravura nell’attrarre risorse pubbliche. Infatti solo il 13 % di quelle che le arrivano sono assegnate a politiche specifiche per la montagna, mentre il resto dev’essere conquistato in concorrenza con i territori non montani della regione.
È anche interessante la distribuzione settoriale della spesa. Sempre escludendo le opere olimpiche, abbiamo in testa alla classifica l’agricoltura (352 mld), seguita da opere pubbliche, turismo e servizi essenziali (intorno ai 250 mld ciascuno). Poi industria e artigianato (177 mld), ambiente (101 mld) e cultura (66 mld).Lo studio dell’Ires prende poi in esame sei casi di studio esemplari, capaci di far luce sull’approccio integrato allo sviluppo locale: Trappa di Sordevolo, Bi (beni culturali), Valli Orco e Soana, To (Itc), Alpe di Mera, Vc (stazione sciistica), Gal Terre Occitane, Cn (prodotti locali, ricettività, cultura), Gal Giarolo, Al (prodotti tipici), Valle Stura, Cn (servizi scolastici).

Attraverso i quali giunge alle seguenti conclusioni:
- Manca una strategia complessiva e coordinata (tra gli assessorati) per lo sviluppo della montagna. Prevalgono gli interventi settoriali senza coordinamento e senza sinergie tra loro. Meno del 10% delle risorse sono andate a sostegno di politiche integrate (Leader+, Pisl, Pia).
- Il grande investimento olimpico ha avuto un effetto positivo nell’incremento delle presenze turistiche, ma concentrato quasi tutto nell’Alta Valle di Susa. Gli investimenti in opere, specie impianti sciistici specializzati, hanno creato gravi problemi di sostenibilità economica.
- I casi esemplari dimostrano che sia la progettualità dal basso, sia l’innesto di quella dall’alto nei contesti locali funziona solo se questi ultimi sono predisposti in termini di conoscenza, capitale sociale e capacità istituzionale. Queste “risorse territoriali” locali non si improvvisano, ma derivano da sedimentazione ricorsiva di pratiche virtuose. Senza queste pre-condizioni – aggiungo io – i c.d. progetti locali integrati o complessi si riducono alla cattura opportunistica e alla spartizione a pioggia di risorse pubbliche, senza creare nessun “valore aggiunto territoriale” e quindi nessun vero sviluppo locale.
- Le prospettive future sono così sintetizzabili: meno risorse, più metodo. In particolare lo studio raccomanda di muoversi subito per elaborare una strategia condivisa per la montagna piemontese, coerente con una strategia regionale, nazionale ed europea 2020.

Lo studio infine propone i seguenti indirizzi:
- Superare la settorialità degli interventi; tener conto delle differenze interne alla montagna con politiche modulate a scala locale.
- Valorizzare le esperienze e le capacità delle amministrazioni regionali (specie la ex Direzione regionale economia montana) e di quelle locali, con pratiche di partenariato progettuale e di governance tra il livello regionale e quello locale, favorendo in quest’ultimo la formazione di capitale sociale, cognitivo e istituzionale a sostegno della progettualità e dell’ azione locale.
- Selezionare le priorità e concentrasi rigorosamente su poche: servizi essenziali alla popolazione, tutela del territorio, valorizzazione delle risorse naturali quali acqua, biomasse ed energie rinnovabili, paesaggio-ambiente (a cui mi permetterei di aggiungere: sostegno alle iniziative innovative di imprese, terzo settore ed enti pubblici locali).
- Dismettere se necessario quanto non è sostenibile e assorbe risorse a danno delle suddette priorità.
- Superare i limiti imposti dalla frammentazione amministrativa e politico-decisionale, con una riforma del governo locale basata sull’intercomunalità che non miri solo a ridurre i costi, ma anche a una gestione efficace dei servizi e della pianificazione urbanistica e, soprattutto, a creare le condizioni per una politica di sviluppo locale; creare  un sistema  interattivo per la raccolta e l’elaborazione delle informazioni, le analisi trasversali, le comparazioni, i monitoraggi. In generale per offrire una base oggettiva a programmi e decisioni.
Beppe Dematteis

Scarica la sintesi dello studio

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