La sfida aperta del Tarvisiano invernale

1 marzo 2019

Le Alpi Giulie non sono le Dolomiti. A est del Nordest, in Alto Friuli, come scriveva Paolo Rumiz: “non ci sono i rifugi-bomboniera con i gerani alle finestre”. Le Alpi Giulie sono crude, selvatiche, sono le classiche Alpi delle leggende. Mondi di roccia e pini, più che di erba e abeti. Per questo motivo, chi le abita ha conosciuto la durezza del terreno, la difficoltà di recuperare terra fertile e, più recentemente, anche la complessità di sviluppare un prodotto turistico competitivo. Se a questo si aggiunge che i recenti cambiamenti climatici si evidenziano in tutta la loro forza soprattutto nel turismo invernale, diventa chiara la necessità di una riflessione. Meno giornate di neve, temperature sempre più miti e quota neve in continuo innalzamento, forzano i comuni alpini, involontari protagonisti di questa emergenza, a trovare soluzioni sostenibili a lungo termine. L’ambito friulano non è diverso, tuttavia, essendo le Alpi Giulie relativamente più basse delle loro consorelle ad occidente, si trova a confrontarsi soprattutto con il problema delle stazioni sciistiche a bassa quota. È il caso del Tarvisiano, che, tra un’agguerrita concorrenza della vicina Slovenia e renitenze ad abbandonare i vecchi modelli, fatica a battere nuove strade.

Estrema propaggine nordorientale del Friuli, il territorio di Tarvisio è un vero e proprio “Brennero dell’Est” che ha plasmato la sua fortuna attorno al sistema di uffici pubblici e privati caratteristici delle zone di frontiera. L’apertura dei confini nazionali, prima verso l’Austria (1995) e poi verso la Slovenia (2007) ha determinato il disgregarsi di questo sistema economico, con effetti durissimi su un tessuto sociale e imprenditoriale non sempre pronto ad intraprendere nuovi percorsi di sviluppo. La conseguenza principale è stato un vistoso calo della popolazione, che nel 2007 ha portato Tarvisio a scendere sotto la soglia fatidica dei 5000 abitanti. Il turismo faceva da parziale contraltare alla sparizione delle frontiere ed è stato da subito individuato quale volano di rilancio dell’area. Tuttavia sconta ancora un atteggiamento passivo, legato a schemi di tutela basati su sovvenzioni pubbliche, che gli impedisce di costruire una reale opposizione alla concorrenza proveniente da oltre confine. In particolare da Kranjska Gora, centro turistico di prim’ordine in Slovenia e distante poco meno di mezz’ora da Tarvisio.

Secondo il “Consorzio di Promozione turistica del Tarvisiano, Sella Nevea e Passo Pramollo”, la società che si occupa della programmazione turistica dell’area, nel 2017 gli arrivi sono stati 144 mila (+3.8% rispetto al 2016) e le presenze 346 mila (+4.6% rispetto al 2016) (guarda i dati). Numeri di tutto rispetto, che mostrano una realtà viva, capace di grandi passi avanti grazie al potenziamento del comprensorio sciistico e della realizzazione della pista ciclabile Alpe-Adria, fiore all’occhiello dell’area. Eppure, basta confrontare questi dati (che comunque riguardano 8 comuni e 2 poli sciistici) con quelli della controparte slovena (un singolo comune) per evidenziare un rapporto impietoso. Nel 2017, infatti, la sola Kranjska Gora ha registrato oltre 224 mila arrivi e 608 mila presenze (guarda i dati).
Come spiegare un tale gap, soprattutto considerando che i km di piste nei due poli sono praticamente identici? La SNAI ha provato a rispondere dando voce a chi vive quotidianamente questa realtà di frontiera e ha scoperto che la questione principale sta soprattutto in una diversa percezione del territorio e delle sue potenzialità. Parlando con amministratori attuali e passati, ma soprattutto con giovani receptionist, impiantisti ed altri operatori, uno dei problemi più sentiti è il ritardo di Tarvisio nell’offerta serale, mentre la Slovenia può vantare hotel con terme e soprattutto il Casinò, uno dei veri motori dell’economia locale. Ma non è solo questo. Al contrario dell’Italia, la giovane Slovenia è riuscita a promuovere un’immagine wild del suo territorio, ereditato praticamente immacolato dopo decenni di immobilità jugoslava, presentando peculiarità locali e tradizioni da scoprire. Piccolina e curata, Kranjska Gora offre servizi sia ai locali che ai numerosi visitatori, confermando che in montagna contano le politiche e non l’orografia. Il Consorzio di promozione turistica del Tarvisiano, invece, nato come società consortile per lo sviluppo di tutti i comuni dell’area, si è poi focalizzato (quasi) solo sul comune di Tarvisio, sulla politica dei grandi eventi e su vantaggiose offerte per il turismo stagionale. Come in tanti altri casi simili sulle Alpi e sugli Appennini, anche qui si è trattato di creare una “montagna a misura di città”, con il risultato che alcuni comuni limitrofi, tra cui Pontebba e Malborghetto, hanno deciso di abbandonare il consorzio per riflettere su diversi modelli di promozione. Finito il “sogno” di vivere di sci, alcune realtà locali provano ora a sperimentare nuovi sentieri in un’ottica di turismo slow, puntando sulle potenzialità culturali ed economiche tipiche di un’area di frontiera, plurilingue e in gran parte ancora inesplorata. È il caso della promozione della laterale Val Saisera, un gioiello fiabesco dove è possibile vivere la neve “a piedi” senza impianti invasivi, o i progetti transfrontalieri con la Carinzia per la vendita di prodotti di malga locali, fino ad arrivare alle ormai famose tree house di Malga Priu, dove è possibile pernottare in vere e proprie “pigne” sospese a dieci metri d’altezza, circondati dal silenzio della montagna e dai profumi del bosco.
Alessandro Ambrosino (Osservatore Strategia Nazionale Aree Interne)

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