La gestione dei territori montani: un problema di democrazia

25 novembre 2018

“La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane”: il secondo comma dell’articolo 44 della Costituzione impegna lo Stato italiano ad agire in favore delle montagne. È un articolo compreso nel Titolo III dedicato ai “Rapporti Economici” della “Parte I. Diritti e doveri dei cittadini” una parte, per intenderci, che praticamente nessuno ha proposto di cambiare.
La storia che ha portato le montagne nella Costituzione è lunga, complessa e, soprattutto, sconosciuta ai più, per questo è il caso di ricordarla nel 70° della sua entrata in vigore, specialmente all’indomani dei disastri avvenuti nel novembre di quest’anno nelle Alpi nord orientali.
Fino all’alba del ’900 la questione della montagna era stata una questione tecnica da risolvere con leggi particolari. Protagonista di quella fase, iniziata con l’Unità d’Italia, fu Luigi Luzzatti, ebreo veneziano erede delle secolari tradizioni della corretta gestione del territorio della Repubblica Veneta. Luzzatti voleva proteggere le foreste e rimboschire le montagne per arginare il disordine idrogeologico e salvaguardare le popolazioni della pianura.
La questione delle montagne divenne un problema politico con queste parole pronunciate in Parlamento nel 1902 da Luchino dal Verme, nobile milanese e noto militare di carriera, deputato liberale dell’Appennino piacentino e dell’Oltrepò pavese: Vede la Camera che se l’attuale situazione di alcune province del Mezzogiorno è triste, non lo è meno quella di regioni, ugualmente montane, dell’Appennino settentrionale […] Non è questione, onorevoli colleghi, di nord o di sud; è questione di monte e di piano. Sono le deplorevoli condizioni della agricoltura del monte più o meno in tutta l’Italia, nelle Alpi come nell’Appennino, nella penisola come nelle isole, che mi hanno indotto a presentare la presente interpellanza.
Secondo dal Verme la principale ragione della povertà nazionale, in anni nei quali la ricchezza dell’Italia era soprattutto quella prodotta nei campi, era data dalle “deplorevoli condizioni della agricoltura del monte”. Fu da quel momento che le montagne divennero una questione politica, perché dalla corretta gestione delle risorse naturali delle montagne dipendeva non solo la ricchezza di tutta la Nazione ma anche la sicurezza di tutti i suoi abitanti. L’affermazione definitiva avvenne qualche decennio più tardi, dopo le battaglie combattute in gran parte nelle terre alte durante la prima guerra mondiale e, soprattutto, dopo il sacrificio di sangue delle comunità delle montagne nella lotta di Resistenza, che l’Italia sentì il dovere di riconoscere.

Il 7 marzo 1946 Giuseppe Micheli, democristiano dell’Appennino parmense, preparava il terreno presentando alla Consulta nazionale la proposta di legge Provvedimenti a favore della montagna. Il 13 maggio 1947 con l’appoggio del suo partito, la Democrazia cristiana, Michele Gortani, eletto nella montagna della Carnia, in Friuli, otteneva dall’Assemblea Costituente l’approvazione di un testo che è oggi nella Costituzione: “La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane”.
Furono i rappresentanti politici delle popolazioni delle montagne a ottenere l’adempimento di antiche promesse. E fu quando ancora le montagne erano molto popolate che Michele Gortani, di nuovo, ottenne dal Parlamento l’approvazione della prima legge per la montagna nel 1951 e, soprattutto, l’avvio della legge per il sovracanone idroelettrico. Quella legge, approvata nel 1953, riconobbe alle comunità delle montagne il diritto a ricevere una quota dei guadagni ricavati dalle potenti imprese elettriche grazie allo sfruttamento dei bacini idroelettrici che si trovano nelle proprie terre.

Le industrie nella pianura e l’abbandono delle campagne, a partire da quelle delle terre alte, nuovi mezzi e nuove tecnologie, hanno rinnovato l’illusione di una soluzione tecnica al problema delle montagne, da risolvere localmente, regione per regione. Anche perché con meno montanari, e quindi con meno elettori, le montagne sembrano aver perso la natura di problema politico nazionale.
I suoi pochi ma testardi abitanti sono però ancora lì: nelle Alpi come nell’Appennino, nella penisola come nelle isole. La questione della gestione dei territori delle montagne si pone oggi come un problema di democrazia. Un grande territorio, poco popolato, pretende una maggiore attenzione da tutta l’Italia, non in virtù del proprio peso elettorale ma per la gravità del problema che rappresenta e per le importanti risorse naturali che può mettere a disposizione dello sviluppo. Territorio, acque, boschi, risorse faunistiche, tradizioni e cultura delle montagne sono anche oggi indispensabili a una nazione che si deve rendere conto che risorse e spazi della pianura sono ormai da tempo stati consumati.
Oscar Gaspari

Nessun commento.

Replica








Web design e sviluppo: Resonance