Invasi idrici in Piemonte

5 settembre 2017

Le anomalia climatiche di quest’estate potrebbero diventare sempre di più una regola. Questo l’argomento intorno al quale si sono confrontati i partecipanti a un seminario tenutosi nel mese di luglio a Cascina Marchesa, nel torinese, nel corso del quale si sono riuniti alcuni amministratori di comuni montani del Piemonte insieme a figure pubbliche e private che a vario titolo si occupano di turismo e montagna, tra cui rappresentanti dell’Uncem, di Confindustria ed Iren. E il dibattito si è infine concentrato sulla possibile costruzione di invasi idrici nelle valli montane del Piemonte.
Secondo Marco Bussone, VicePresidente di Uncem Piemonte, «questa necessità dovrebbe essere accompagnata dal riequilibrio del rapporto tra chi produce, mantiene e rilascia l’acqua, cioè la montagna, e chi la utilizza, migliorando l’uso della risorsa». Il Piemonte, secondo Bussone, «ha molto da fare per ottimizzare quei 13 miliardi di metri cubi d’acqua che produce e dei quali ne perde circa 7, perché rilasciati nel Po senza alcun utilizzo».
Ma come fare a “capitalizzare” questa risorsa? Uncem Piemonte ed Arpiet (l’Associazione regionale piemontese delle imprese esercenti trasporto a fune in concessione) nel 2016 hanno realizzato uno studio di fattibilità volto alla realizzazione di 22 piccoli bacini sparsi nell’area montana, che oggi potrebbe tornare di stretta attualità. Si tratta della realizzazione di 22 invasi, tutti in media dai 50 ai 100 mila m3 d’acqua, che servirebbero principalmente per assicurare quei volumi necessari all’innevamento artificiale, di cui “l’industria dello sci” ha sempre più bisogno. E in seconda battuta anche “fini agricoli, turistici e di antincendio”.

Il progetto, ancora in fase di approvazione, avrebbe una spesa complessiva intorno ai 20,5 milioni di euro, più la possibilità di affiancarsi alla strategia nazionale per il recupero ed il potenziamento dei bacini per raccogliere altre risorse.
La Regione Piemonte si è detta favorevole al piano di Uncem e Arpiet. E il Consigliere regionale Daniele Valle sottolinea come «se si riuscisse ad applicare verso gli impianti sciistici la normativa che permette ai cosiddetti impianti energivori di non pagare il trasporto dell’energia elettrica, si otterrebbe un 40% di risparmio sulla bolletta». Opportunità valutata positivamente anche da Iren, che in tal caso sarebbe interessata a finanziare nuovi invasi, “purché i tempi di approvazione non gravino sull’effettiva realizzazione”.

I professori Stefano Ferraris, del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio e Giampiero Lombardi, del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, entrambi dell’Università di Torino, sottolineano come, nell’attuale contesto, caratterizzato da minori nevicate e da un aumento delle piogge, che rendono più difficile il contenimento dell’acqua, aggravato dalla siccità che ha costretto la discesa anticipata degli alpeggi e sta minacciano anche l’agricoltura, i progetti di raccolta idrica diventano fondamentali. A condizione però che siano pensati verificandone un’effettiva utilità. «Per quanto riguarda la questione agricola e pascoliva – sottolinea Giampiero Lombardi -, la misura più efficace sarebbe la realizzazione di impianti di irrigazione goccia a goccia e una rete di canali che partendo dai nuovi invasi, sia in grado di ramificarsi anche verso le superfici più impervie e bisognose». Inoltre, «se gli impianti sono di dimensioni ridotte, prestando molta attenzione nella posa delle condotte e realizzando avvallamenti che non necessitino di grandi scavi – aggiunge Stefano Ferraris -, potrebbero avere un impatto ridotto sull’ambiente»».
In conclusione nell’incontro del luglio scorso si sono capite due cose: che il progetto degli invasi di Uncem Piemonte e Arpiet è ancora lungi dall’essere partito. Ma che se, come sembra, il cambiamento climatico e l’innalzamento delle temperature provocheranno una diminuzione delle nevicate e concentrazione delle precipitazioni, la vera sfida, tutta politica, per la montagna sarà capire quanto puntare sull’innevamento artificiale e quanto pensare a soluzioni a tutto tondo che includano anche agricoltura e zootecnia.
Anna Anselmi

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