Impianti alpini a biomassa: non è tutto oro…

1 dicembre 2011

Il comignolo cromato di fronte alla panetteria di via Sestriere, a Perosa Argentina, rilascia piccoli sbuffi di fumo. Si tratta dell’impianto della centrale a biomassa realizzata dalla Sea di Aosta, per conto dell’allora “Comunità montana valli Chisone e Germanasca”, l’attuale “Valli Chisone, Germanasca, Pellice e Pinerolese Pedemontano”.
Arriva un camion con targa francese, viene aperto il grosso serbatoio per lo stoccaggio del “carburante” collocato sul tetto dei locali caldaia, una valanga di materiale legnoso viene scaricato al suo interno. Si tratta di scaglie di cippato, realizzate da scarti di lavorazione delle segherie o legname del bosco triturato.

«L’impianto di Perosa Argentina è stato inaugurato nel dicembre di tre anni fa – spiega Guido Chiariglione, tecnico della Sea – e ha una potenza di 1000 kw. Si tratta di un ottimo impianto, all’avanguardia, capace di scaldare la piscina, il bocciodromo e il centro polivalente del Comune, oltre che cinque condomini ». Guido Chiariglione, insieme al collega Francesco La Penna, lavora per la Sea da oltre 10 anni, da quando cioè la ditta specializzata in produzione di energia si è lanciata nel mercato della produzione di energia da fonti rinnovabili. «Ci occupiamo in specifico di impianti a biomassa alimentati da cippato – continua Guido Chiariglione –. Le prime caldaie le abbiamo installate negli anni ’90, ed oggi, insieme al collega, gestiamo 15 impianti nella sola Provincia di Torino».
La realizzazione di un impianto a biomassa di origine forestale a Perosa Argentina sembra la quadratura del cerchio. Se si leva lo sguardo verso i versanti della valle infatti non si vede altro che alberi caduti, tronchi messi di traverso nel greto del torrente e boschi invasi dai cespugli. Chiunque frequenti regolarmente le montagne non ha potuto fare a meno di notare che il crescente abbandono del territorio sommato alle violente precipitazioni degli ultimi anni, hanno dato il colpo di grazia a un territorio ormai da tempo trascurato. E quale miglior modo per risolvere il problema, verrebbe da pensare, di quello di recuperare la risorsa legno per bruciarla in caldaia?
Rimane l’anomalia del camion con targa francese. Che trasporta in Val Chisone cippato proveniente da oltralpe. «In realtà per l’approvvigionamento del legno siamo costretti a rivolgerci a fornitori francesi o alle segherie dell’astigiano – spiega Guido Chiariglione, tecnico della Sea –.  Qui in zona manca una rete di cippatori. Abbiamo cercato di trovare dei forestali locali, ma non sempre ci siamo trovati bene». Una volta, ricorda il tecnico, hanno scaricato un camion di cippato con più del 60% di umidità: l’impianto si è bloccato e si è dovuto svuotare il serbatoio per farlo ripartire. Un’altra volta il fornitore ha recuperato il legname dal torrente, ma con la pala ha caricato anche la sabbia del fiume: la sabbia si è vetrificata sulla griglia del bruciatore e hanno dovuto fermare l’impianto per ripulire tutta la camera di combustione. Infine una ditta aveva addirittura cippato dei pallet, con zero umidità, le plastiche e tutto il materiale annesso: l’impianto ha scaldato talmente che si è fusa la porta della caldaia.
«Il cippato migliore oggi arriva dalla Francia o dalle segherie del Cuneese – spiega Chiariglione –. Che con la crisi economica non riciclano più solo gli scarti di produzione, ma si sono messe direttamente a fare cippato per caldaie. Lo paghi anche 7 euro o più al quintale, ma almeno non hai sorprese: materiale ottimo e umidità sempre costante. Ultimamente abbiamo trovato un forestale di Fenestrelle che ci fornisce del buon cippato. Ma si tratta comunque ancora di una percentuale di combustibile trascurabile. Una percentuale molto bassa rispetto a quello che ci occorre per far funzionare l’impianto».
Maurizio Dematteis

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