Il Parco sarà un museo a cielo aperto

1 aprile 2015

Sorge ai piedi del Monviso, eppure è uno dei Comuni che più si è speso contro la realizzazione del Parco intitolato al Re di Pietra. Crissolo e il suo primo cittadino, Aldo Perotti, hanno accolto con riserve e criticità il Disegno di legge della Regione Piemonte che istituisce il Parco Naturale del Monviso che, come si legge nella delibera della Giunta Comunale datata 4 febbraio, «sarà, nell’immediato, l’imposizione di ulteriori pesantissimi vincoli su questi territori di montagna che creeranno enormi difficoltà alle attività agricole e pastorali, turistiche e di gestione della fauna selvatica, ingessando l’intera area in un museo a cielo aperto».
È con queste parole che la Giunta di Crissolo ha comunicato ufficialmente alla Regione il suo parere contrario all’istituzione del Parco, esprimendo inoltre «il timore che le attività presenti nell’area verrebbero fortemente penalizzate rischiando in taluni casi anche di compromettere la prosecuzione dell’attività».

Sindaco, la sua è una battaglia contro questo Parco oppure contro le Aree protette in generale?
«Lo dico con cognizione di causa e per ragioni oggettive: l’istituzione dei Parchi non ha portato nulla di buono al territorio. In compenso ci abbiamo guadagnato norme, vincoli e limitazioni che ogni giorno rendono un po’ più complicata la vita di noi montanari».

La vivete quindi come un’imposizione “dal basso”?
«Gli abitanti della pianura usano la montagna come il loro parco giochi e vengono fin quassù a legiferare per dirci di non tagliare qui e non costruire là, per farci seguire iter burocratici infiniti che fanno lievitare spese e costi di gestione rendendo la quotidianità del nostro lavoro problematica».

Qual è la vostra posizione ufficiale?
«La Giunta di Crissolo ha comunicato ufficialmente alla Regione il suo parere contrario all’istituzione del Parco del Monviso. Passo dopo passo si è aperto un dialogo con le istituzioni in momenti di incontro e confronto tra amministratori, lavoratori, e operatori del territorio e tecnici e funzionari della Regione».

Quali i punti maggiormente controversi?
«La governance. Dopo lunghe opposizioni e contrattazioni siamo riusciti almeno a ottenere una rappresentanza territoriale negli organi dell’Ente Parco. Il timore era che nel processo di formazione degli strumenti di pianificazione, come i Piani d’Area, le Amministrazioni locali avessero un ruolo marginale, come era già accaduto in passato per il Sistema delle Aree protette della fascia fluviale del Po e per la delimitazione dei Sic».

Il Consiglio di amministrazione sarà formato da sei rappresentanti della Comunità del Parco nominati dai comuni del territorio: avete vinto voi?
«Magari! Bisogna considerare che tra i sei consiglieri, due rappresenteranno agricoltori e ambientalisti, come prevedono le linee guida nazionali, e uno sarà occupato dall’ente capofila, cioè il Comune di Saluzzo. Non rimangono poi molti posti disponibili».

In definitiva il Parco porterebbe solo svantaggi?
«Sono ben consapevole della valenza naturalistica, turistica e paesaggistica di questi territori che si sviluppano intorno alla montagna simbolo del Piemonte, ma è già difficile vivere in montagna così, figuriamoci con ulteriori vincoli. Voi che abitate in pianura queste cose non potete capirle».
Daria Rabbia

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