Il paese dove è vietato uscire di casa
Il paese dove è vietato uscire di casa. I quotidiani torinesi hanno titolato così, qualche settimana fa, il pezzo relativo alla delibera numero 4 del Comune di Balme, alte Valli di Lanzo, che potrebbe essere inserita tra le disposizioni più discusse e criticate (molto spesso senza essere lette…) di tutti gli Enti locali piemontesi nei primi tre mesi del 2018. Proprio così. Perché quella paginetta di testo su carta intestata del Comune francoprovenzale, dove insistono Bessanese e Pian della Mussa, culla dello sci moderno e luogo dove Toni Ortelli compose la montanara, è effettivamente diventata un caso. In sintesi: visto il forte pericolo di valanghe e dunque il rischio per l’incolumità delle persone, il sindaco Bruno Dematteis dispone il divieto di effettuare escursioni a piedi, con racchette da neve, sci e con mezzi motorizzati. Divieto poi revocato in parte qualche giorno dopo con un’altra ordinanza, la numero 5, in una parte del territorio che comprende anche lo stupendo Pian della Mussa.
Apriti cielo. Polemiche da Balme, da persone residenti fuori e dentro il Comune (soprattutto fuori, visto che il paese delle Valli fa poco meno di 150 residenti), da parte di appassionati di montagna e non, da fruitori delle valli e da professionisti dei social. E dunque dal commento “facile”. È evidente, quando della notizia parla la Stampa nelle pagine della Cronaca, con tanto di enorme foto sulla prima di Torino, il tema è destinato a far discutere. E a dividere. Vietare o non vietare, impedire o non impedire, eccessivo zelo o montatura poco lungimirante per turisti, escursionisti e anche per esercizi commerciali e imprese? La sintesi della polemica sarebbe qui troppo lunga e inopportuna. I social, Facebook in particolare, ove i commenti non vengano per qualche motivo (dolo o colpa?) cancellati, restano agli atti e si possono scorrere su molte pagine, sotto i post. Anche dare torto o ragione al Sindaco è poco interessante. Quello che però qui può essere rilevante è descrivere tre cose. La prima è che la vicenda di Balme, con la netta scelta del Sindaco Dematteis in particolare nella prima ordinanza, ci informa che non è solo questione di prudenza. Il tema molto complesso si delinea tra le responsabilità degli Amministratori locali, dei Sindaci in primis, e anche tra le competenze e le funzioni delegate agli Enti locali. Ordinanze e divieti diventano necessari proprio quando il rischio percepito è troppo alto. Con un rischio reale non scientificamente verificabile fino in fondo. Così i Sindaci scelgono l’unica via possibile. Che è quella della tutela, dell’autotutela. Del divieto. Giusto? Qui entriamo nel secondo livello dell’analisi. È eccessivo quanto disposto dal primo cittadino di Balme? La domanda ne porta con sé una seconda: ma vogliamo mettere che il rischio si trasformi emergenzialmente in danni a persone e cose? Le responsabilità sarebbero tutte in capo a lui, al Sindaco. Che peraltro – come la maggior parte dei colleghi – è un volontario, che non solo non ha indennità o rimborsi o gettoni, ma che di tasca sua ci mette impegno, competenze, fatica, soldini, responsabilità. Tutte le responsabilità addosso. La recentissima condanna della Sindaca di Genova Marta Vincenzi, per le inottemperanze nella protezione di persone e cose in occasione dell’alluvione 2011, insegna. Condannata. Per non aver dato un allarme adeguato al momento giusto. Così, le conseguenze sono state gravi, più di quanto previsto, e la colpa è stata sua, della Sindaca del capoluogo ligure. Condannata.
Entriamo in ulteriore livello di analisi che è forse il più complesso e spigoloso. Cioè definire cosa e quanto devono fare i Sindaci, nei piccoli e grandi Comuni, in base alle competenze che Regione e Stato affidano agli stessi Enti locali. Il Sindaco è responsabile della Protezione civile nel suo Comune ma deve avere tutele e garanzie, informazioni e protezioni rispetto a questo ruolo su questa competenza. Così vale per molte altre materie. Ad esempio appalti e affidamenti di incarichi, ovvero impegno nelle Commissioni valanghe (oggi in capo alle Unioni montane), ad esempio, e anche lo stesso impegno già citato in caso di emergenze ambientali e calamità. Definire un nuovo assetto degli Enti passa anche dal definire queste incombenze e definire un preciso perimetro di responsabilità che non può essere messo tutte le volte in discussione dal Pm e dal Giudice di turno nell’Aula di un tribunale, in sede penale. Se questo non verrà fatto nei prossimi anni, al netto delle polemiche che seguiranno ordinanze sul modello di Balme, il rischio vero è che non si sani un deficit che lo Stato centrale ha con le Autonomie territoriali, riferito alla garanzia di impegno, presidio e coesione che va assicurato. In primo luogo, garantendo diritti e compiti chiari a chi democraticamente viene eletto e si assume responsabilità. Responsabilità su compiti chiari e non tutte le volte sindacabili. Quel divieto di Balme passa anche da questo indefinito carico per Sindaci e Amministratori locali. Che invece va definito, circoscritto dalla norma, per evitare di bloccare tutto per bloccare niente. Con la certezza che – insiste la massima – “le buone leggi rendono più facile fare la cosa giusta e più difficile quella sbagliata”.
Marco Bussone