Il futuro delle Cime Bianche

5 ottobre 2017

Sulle Alpi i colori fiammeggianti dell’autunno stanno ancora una volta sostituendosi ai verdi intensi dell’estate. Anche il vallone delle Cime Bianche, nella testata della valle d’Ayas, si prepara all’autunno e al riposo invernale. Un fringuello alpino saltella ancora sull’erba ingiallita tra massi dell’Alpe Mase, mentre una coppia di aquile reali volteggia dalle parti dell’Alpe Varda e la marmotta sentinella, sempre all’erta anche negli ultimi giorni prima del letargo, lancia il fischio di pericolo.
Il gruppo di lavoro “Ripartire dalle Cime Bianche”, allo stesso modo, rimane sempre attento nella protezione e attivo nelle proposte di valorizzazione di questo straordinario vallone ed il tre agosto si è formalmente costituito in comitato spontaneo di volontariato per poter interagire più efficacemente con le istituzioni ad ogni livello.
Dopo il convegno “Una montagna di opportunità”, organizzato con la collaborazione di Cipra e Dislivelli (ne avevamo parlato nel numero di novembre e sono disponibili i video degli interventi su Youtube) il lavoro del gruppo è proseguito con l’obbiettivo di portare più persone possibili a conoscenza del grande valore di quest’area delle Alpi.
Tra le varie iniziative di questa primavera-estate c’è la redazione e distribuzione di un nuovo pieghevole focalizzato sulla frazione di Saint Jacques. Questa borgata, nella testata della valle d’Ayas da cui parte il Vallone delle Cime Bianche, di antica colonizzazione Walser, è infatti ricca di storia e cultura ancora in buona parte da scoprire e valorizzare: chi ne volesse avere un’idea può scaricare il pieghevole dal sito.

Momento topico è stato sicuramente la conferenza-dibattito “Cime Bianche – La grande illusione, le grandi opportunità” organizzata presso la sala congressi Monterosaterme a Champoluc. Un’approfondita e ben documentata presentazione di Marcello Dondeynaz, referente del Gruppo, ha mostrato le bellezze e le particolarità del vallone, dando un’idea di come quest’area non ancora danneggiata del Monte Rosa potrebbe essere valorizzata, creando una ricaduta dal punto di vista turistico, senza distruggerla con nuovi impianti di risalita. Anzi è stata messa in evidenza la poco fondatezza anche economica del progetto di collegamento tra i comprensori di Cervinia e Monterosa Ski. Il dibattito in sala si è subito acceso rischiando di prendere una direzione poco costruttiva a causa di qualche intervento un po’ scomposto e poco opportuno da entrambe le parti. Fortunatamente grazie ai moderatori e agli opportuni interventi di qualche membro del Gruppo di lavoro il discorso è tornato sul piano voluto: quello di un confronto aperto e costruttivo. La volontà infatti é quella di creare un’alternativa credibile che non solo tuteli, ma che valorizzi il vallone delle Cime Bianche (comprendendo anche la zona di Tzere) portando vantaggi, anche economici e soprattutto non solo a breve termine, per tutta la valle. Nessuno vuole negare l’importanza che ha avuto e che ancora ha il turismo dello sci per l’economia di Ayas, ma, considerate le difficoltà a cui tutta l’industria della neve sta andando incontro, si tratta di differenziare le proposte e di riservare gli investimenti, che ancora ha senso fare nel comprensorio Monterosa Ski, all’aggiornamento e miglioramento di quanto già c’è. Si tratta di non sprecare qualcosa di unico, che non avrebbe eguali al mondo, per inseguire la chimera del terzo comprensorio per estensione in Europa. Perché puntare ad essere terzi se si può essere unici? La volontà del Gruppo é di costruire un proposta tutti insieme, residenti, proprietari e amici storici di Ayas (sensibilità tutte rappresentate al suo interno) cercando di superare l’anacronistico scontro turisti-residenti: ormai è più che assodato che nessuno può arrogarsi il diritto di prendere da solo decisioni irreversibili su ciò che è da considerarsi res communes omnium. Fortunatamente a garanzia di ciò esiste oggi un quadro giuridico comunitario e internazionale che aiuta a far sì che si prendano decisioni alzando lo sguardo oltre il proprio orizzonte, spesso per forza di cose condizionato da situazioni contingenti, e si possa considerare un bene più ampio sia temporalmente sia per numero di persone su cui ricadranno le conseguenze di quelle decisioni. Oltre ai protocolli della Convenzione delle Alpi non si potrà certo ignorare il fatto che gran parte di quest’area è già salvaguardata come Zps (Zona di protezione speciale) e Sic (Sito di interesse comunitario). Ogni progetto non potrà che partire da questo punto, da considerarsi non come vincolo limitante, ma come l’opportunità per trovare nuove idee vincenti ora e nel futuro.
Per il gran numero di persone presenti alla serata, per l’eco avuto sulla stampa non solo locale e per le reazioni provocate, c’è un giudizio positivo del gruppo di lavoro per le proprie attività estive. C’è parallelamente la coscienza che si è solo all’inizio di un gran lavoro che deve più che mai essere puntuale e perseverante. Infatti in una fase in cui non ci sono ancora atti ufficiali di attuazione dei vari sbandierati progetti di collegamenti funiviari, il lavoro più importante, assieme a quello di pressione sui decisori politici, è quello di informare e far conoscere perché tutti colgano la bellezza e unicità di un luogo che non merita di essere sacrificato in nome di illusorie promesse economiche o elettorali. Il lavoro del gruppo proseguirà anche nei prossimi mesi in cui, entrando in clima pre-elettorale per le regionali della Valle d’Aosta, i toni prevedibilmente si alzeranno e le “boutade” propagandistiche si sprecheranno. Come dichiarato, la volontà dei volontari del gruppo è quella di mantenere salda l’impostazione: “fermezza nella tutela, capacità propositiva di valorizzazione alternativa alla meccanizzazione, disponibilità al confronto, garbo nel modo di porci”. Chi volesse rimanere informato sugli sviluppi e sulle attività proposte può iscriversi alla newsletter al seguente link: https://goo.gl/sJv7A9.
Questa é una di quelle scommesse che si vince o si perde tutti. Perché in nessun luogo al mondo fare scelte sostenibili riguarda più solo quel paese, quella comunità. E non solo per le ripercussioni dirette: è in gioco il modo di pensare e agire di una società che deve decidere che strada imboccare. Quasi trent’anni fa Alexander Langer scriveva profetico come sempre: “Riappare quindi tutto intero il nocciolo del problema di una società che non voglia vivere nel nome del ‘dopo di noi il diluvio’: (ri)scoprire in positivo i valori dell’autolimitazione del proprio impatto [...], (ri)convincersi che lasciare tracce dà maggior soddisfazione che produrre voragini e che con la lentezza si può vivere meglio che con la velocità. Non solo, quindi, ‘in nome dei figli’, ma anche per interesse e amor proprio”.
Luca Serentha

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