Conservazione dei paesaggi agricoli

9 novembre 2021

Il paesaggio culturale alpino è stato plasmato dall’uomo attraverso le attività connesse all’agricoltura. In passato l’agricoltura ha sfruttato tutte le terre utili, addomesticandole e rendendole produttive; oggi in gran parte dell’arco alpino l’agricoltura è svolta in maniera marginale a causa di cambiamenti socio economici che hanno comportato profonde ripercussioni sull’agricoltura e di conseguenza sul paesaggio culturale. Le aree di fondovalle pianeggianti sono usate in maniera intensiva (mele, mais, foraggio), oppure  destinate ad altri usi (industriali, artigianale, insediativo), mentre le aree agricole marginali – come quelle in pendenza –  sono state in gran parte abbandonate e lasciate alla rinaturalizzazione.

I paesaggi terrazzati nelle Alpi costituiscono uno dei simboli dell’agricoltura di montagna ed elemento di pregio paesaggistico; oggi si riescono a manutenere solo quei terrazzamenti legati a produzioni ad elevato valore aggiunto come ad esempio i vini di qualità. L’importanza delle esternalità fornite dai terrazzamenti e dai muretti a secco, ad esempio rispetto al dissesto idrogeologico, non viene quasi mai percepita. Sarebbe illusorio pensare di poter recuperare o conservare questo patrimonio costruito: non potranno tornare ad esserci le condizioni socio economiche (agricoltura di sussistenza) che c’erano quando i terrazzamenti sono stati realizzati, non siamo in grado di creare così tante nuove economie che rendano sostenibili quelle coltivazioni e non avrebbe senso (non ci sarebbero le risorse) il mantenimento artificiale di tipo museale su una scala così vasta.
Alcuni paesaggi terrazzati si sono conservati laddove l’agricoltura si è dimostrata economicamente sostenibile attraverso produzioni di qualità oppure anche grazie a un forte richiamo del turismo (esempio classico le Cinque Terre). Ma non su tutti i terrazzamenti si producono vini DOC o DOCG capaci di rendere quell’agricoltura oltre che eroica anche remunerativa, così come non dappertutto si riesce ad attrarre turismo. Su molti terrazzamenti, causa altitudine o esposizione, non è pensabile coltivare la vite, mentre le colture che un tempo vi venivano coltivate manualmente oggi sono state trasferite alle pianure dove è possibile la meccanizzazione. Si tratta quindi di paesaggi terrazzati destinai ad andare perduti. È vero che con essi si perderanno importanti elementi culturali, che in un primo momento la mancanza di gestione (ad esempio il crollo dei muretti a secco) può far venire meno una azione di protezione idrogeologica, ma dal punto di vista ecologico, sul lungo periodo, la rinaturalizzazione può essere una opportunità: deve prevalere una visione globale che assegna a questi spazi valore di controllo climatico (stoccaggio di CO2).

Tra questi paesaggi in crisi ve ne sono alcuni meritevoli di essere salvati anche al di fuori da logiche strettamente economiche. Occorre sapere che cosa vale la pena salvare e dove intervenire. Sono necessarie azioni conoscitive anche con la partecipazione delle popolazioni locali per individuare i valori (ambientali, ecologici, storico-culturali, estetici) che guidano gli interventi (paesaggio partecipato) su piccole porzioni di paesaggio. Questo evita processi volti alla conservazione di un tessuto agricolo musealizzato, mentre il paesaggio è caratterizzato da dinamismo.
Possibili misure per salvare parte del paesaggio culturale alpino e in particolare il paesaggio terrazzato dovrebbero mirare a superare il frazionamento fondiario che rende difficile qualunque investimento o pianificazione. Le politiche sui marchi di denominazione non dovrebbero limitarsi a usare il territorio (o il paesaggio) come vetrina per il prodotto, ma imporre qualità e aiutare a comunicarla favorendo una consapevolezza e il riconoscimento del paesaggio da parte delle comunità locali che generano il paesaggio e vivono al suo interno.
Al paesaggio alpino la CIPRA ha dedicato un documento di posizione che contiene uno specifico capitolo su Paesaggio e agricoltura. (scarica il documento)
Francesco Pastorelli

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