Alpe Bianca alla riscossa

10 gennaio 2020

Annamaria Gremmo e Marco Soggetto, “L’Ultimo Vallone Selvaggio. In difesa delle Cime Bianche”, Segnidartos edizioni 2019, 200 pp., 35 €.

«La battaglia è prima di tutto culturale […] – spiega Alessandro Gogna nell’appassionata prefazione del volume –. Un buon spunto lo sta dando in questo momento la lotta per affermare a livello giuridico il principio dei Beni comuni, ma purtroppo in Italia siamo ancora ben distanti e la maggior parte pensa ancora che la “valorizzazione” di alcuni luoghi possa essere un bene economico per coloro che questi luoghi abitano». Un buon preambolo per spiegare la partita che si sta giocando nel selvaggio Vallone delle Cime Bianche, una linea di 10 chilometri che delimita a ovest il versante meridionale del massiccio del Monte Rosa, e che qualcuno vorrebbe sconvolgere con impianti di risalita destinati al collegamento tra le stazioni Cervino Ski Paradise e Monterosa Ski, per creare uno di più vasti domain skiable delle Alpi. Un investimento gigantesco, un’operazione finanziaria che sempre più realtà bollano come “fuori tempo massimo”, vista la rapidità con cui i cambiamenti climatici stanno risicando le nevi alpine, rapidità che pone l’orizzonte temporale per il rientro dell’investimento stesso in 10, massimo 20 anni. Periodo di tempo non sufficiente. Senza parlare poi degli effetti ambientali dell’opera e della pesante eredità che si vorrebbe gettare sulle spalle di chi dovrà vivere e gestire l’area nel “periodo post sky”.
Per denunciare l’insostenibilità ambientale dell’investimento i fotografi biellesi Annamaria Gremmo e Marco Soggetto hanno realizzato un libro di denuncia intitolato: “L’ultimo Vallone Selvaggio. In difesa delle Cime Bianche”, con lo scopo di «mostrare la bellezza e l’unicità del Vallone delle Cime Bianche, in Val d’Ayas, sia nel sensibilizzare l’opinione pubblica sul rischio attualmente corso da questa splendida area protetta minacciata da anni dal progetto di un collegamento funiviario, usando il medium fotografico come strumento di Visual Advocacy».
Maurizio Dematteis

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