A scuola di alpinismo

6 luglio 2013

Il buon vecchio corso Cai esiste da ben 75 anni e in tutto questo tempo è rimasto sostanzialmente uguale a se stesso. Squadra che vince non si cambia. «Oggi le scuole di alpinismo e scialpinismo mantengono invariato il loro ruolo all’interno del sodalizio e della società intera» afferma Maurizio Dalla Libera, presidente della Commissione. «Sono lo strumento per consentire alle persone di avvicinarsi, in sicurezza e sotto la guida di istruttori preparati, alla pratica dell’alpinismo e della montagna. Si tratta di un’attività che porta con sé dei valori importanti nella vita di ciascuno, una vera e propria palestra di vita che la scuola si impegna a trasmettere».

I corsi riguardano l’alpinismo estivo e invernale, su roccia e su ghiaccio, l’arrampicata libera e lo scialpinismo recentemente apertosi all’uso dello snowboard: tutte quelle attività praticate in montagna che richiedono l’utilizzo di attrezzatura specifica e la conoscenza di particolari norme di sicurezza. E, poiché ci troviamo all’interno di un’associazione, il lavoro degli istruttori è esclusivamente volontario anche se negli ultimi anni le scuole Cai si sono professionalizzate dal punto di vista della qualità del servizio, per reggere la concorrenza delle Guide alpine e degli istruttori della Federazione Italiana di Arrampicata Sportiva, le figure professionali autorizzate alla formazione in montagna.
«Da 5 anni abbiamo deciso di aprirci con più decisione verso il mondo giovanile introducendo i corsi di arrampicata per bambini dai 6 ai 15 anni e quelli di snow board alpinismo», prosegue Dalla Libera. «Da diverso tempo registriamo un significativo cambiamento tra i frequentatori delle scuole Cai. Sempre più persone scelgono le nostre proposte come forma di avvicinamento alla montagna e alla sua conoscenza. La sfida per il futuro riguarda i valori dell’alpinismo in una società che pretende sempre maggiori garanzie nell’ambito della sicurezza. Dobbiamo perseguire l’incolumità personale tra i frequentatori della montagna pur ricordando che un certo fattore di rischio deve essere accettato e, talvolta, cercato».
Simone Bobbio

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